illustrazione di Federico Gemma 

il cammino dei vulcani - diario di bordo

La guerra del fuoco si è trasformata in una polla d'acqua

Marco Pastonesi

L’acqua bolle e ribolle, gorgoglia e brontola, salta e gioca. La Caldara di Manziana non è mai uguale a se stessa, ora è un monumento naturale. La sesta tappa del vagar per vulcani di Marco Pastonesi

Il terzo giorno della creazione Dio dette vita alla terraferma, il sesto giorno sul Cammino dei vulcani la percorriamo. Terraferma adesso, non allora. Da Bracciano verso Castel Giuliano, poi per campi e boschi fino alla Caldara di Manziana.

Forse un cratere, cioè una caldara, forse un lago, oggi una palude, al centro una bolla, intorno mille bollicine. L’acqua bolle e ribolle, gorgoglia e brontola, salta e gioca. È calda, è viva, è esplosiva. Libera gas e acidi, sa di zolfo e argilla, ha sfumature tra il bianco e il giallo. Cambia forza e suono, anche colore e odore a seconda del giorno, della stagione, del tempo. Mai uguale a se stessa. La Caldara è la prova dell’esistenza di un oceano prima del Mediterraneo, di una fossa tettonica fra Tolfa e Soratte, e di più centri vulcanici, con lanci di rocce e colate di lava. Tanta guerra del fuoco, paradossalmente, che oggi si riduce a una polla d’acqua. Lo spettacolo, unico o quasi, le è valso il titolo di monumento naturale e l’adozione nel Parco regionale di Bracciano Martignano. La Caldara di Manziana è un’emozione forte. Tellurica.

Dalla Caldara di Manziana per via delle Pietrische, per la tomba etrusca della Torara, per carrarecce intorno al Monte Ascetta, con la visione del Mar Tirreno, fino al Pian della Carlotta. Querceti e castagneti, uliveti e noccioleti. Pascoli e fontanili. Margherite e crochi. Nibbi reali. Fascine di legna accatastate e legate. Un ambiente ancora selvaggio. Un cane spuntato chissà da dove. Qui sono stati girati film western spacciando radure e colline per Texas e Arizona. Le pietre – sedimentarie – testimoniano la profondità del tempo, l’energia del pianeta, la prepotenza della natura. Quando si incrocia una strada asfaltata, ai bordi inevitabilmente i rifiuti abbandonati. Tre motocrossisti, uniche figure almeno per metà umane. La scarpinata è un’emozione lunga. Terrestre.

Oggi un’altra ventina di chilometri. Meno facili, meno lisci, meno piatti. La pelle scotta, le ginocchia scricchiolano, i piedi soffrono. Camminare, si sa, costa. La stanchezza è un’emozione serale. Pacifica.

 


  

Qui potete leggere la prima puntata del viaggio di Marco Pastonesi – la seconda – la terza –  la quarta – la quinta – qui l'intervista a Toni Demuro che presenta il progetto "ANDante"

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