Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse

Da un corpo all'altro, il nichilismo del gender

Fabrice Hadjadj

Negare la differenza tra maschio e femmina, affermando l’esistenza di cinque o più generi, non porta a una maggiore diversità ma solo a una totale indifferenza. Lettura filosofica di un problema del nostro tempo

La differenza dei sessi non è come le altre differenze. È fuori categoria. Non è una differenza logica, ed è per questo che la logica formale, o le concezioni del linguaggio come sistema, tendono a perderla di vista. L’operazione logica di classificazione procede per dicotomia secondo il genere e la specie per arrivare all’individuo. La differenza di genere distingue il vivente e il non vivente, o i mortali e gli dei. La differenza di specie distingue l’usignolo e l’orata, o ancora l’uomo e la bestia (che appartengono entrambi al genere animale). Infine la differenza individuale distingue, ad esempio all’interno della specie umana, Benedetto e Francesco, e anche Francesco A. e Francesco B. È giocoforza constatare che la differenza sessuale non è né una differenza specifica né una differenza individuale. L’uomo e la donna appartengono alla stessa specie e tuttavia Francesco e Francesca sono diversi da Francesco A. e Francesco B.

 

Si parlerà allora di differenza di genere sebbene non abbia nulla di generico. Si frammenteranno il maschile e il femminile in particolarità individuali. E siccome la donna non è di altra natura rispetto all’uomo, seguendo Aristotele si parlerà di differenza accidentale, di qualità, ma secondo l’accidente proprio e inseparabile della sostanza, e presto si dividerà questa natura comune secondo il perfetto e l’imperfetto, la donna è un uomo incompiuto. Questo basta per definire il panico della bussola logica quando punta verso il polo sessuale.

 

Per farla breve, là dove il mito tende a riconoscere alla differenza sessuale un carattere originario, la filosofia, fin dagli inizi, tende a ridurla ad attributi secondari, e quindi ad approcciarla in due modi: sia per dissoluzione nella specie – l’Uomo – sia per focalizzazione sull’individuo – l’Unico. L’attivismo Lgbtqi+ è solo l’ultimo arrivato e la schiuma di un’onda molto più lunga. Mi sembra che contribuisca non tanto all’ignoranza dei sessi quanto alla manifestazione di questa ignoranza come un sintomo eclatante che segnala un male che viene da molto più lontano. Un male che deriva dall’astrazione filosofica dell’Umano in generale e dall’attenzione etica sulla persona in particolare. Da qui l’osservazione di Günther Anders del 1949: “‘Siete uomini o donne? – Non abbiamo sesso’. Questo fu, riferisce Heine nella postfazione del Dottor Faust, il primo scambio tra Faust e i demoni nella rappresentazione pre goethiana che il poeta poté vedere, bambino, ad Amburgo. Cento anni dopo, quando ero bambino ad Amburgo, questo fu anche il mio primo incontro con gli eroi delle grandi opere filosofiche e politiche. Vidi entrare in scena l’individuo, l’io, il soggetto, la coscienza, la vita… più tardi si unì a loro il Dasein, pretenzioso e oscuro. – E quando chiesi loro: Siete uomini o donne? risposero: Non abbiamo sesso”.

 

Bisogna aggiungere che questa differenza difficile da categorizza- re è anche, per riprendere un’espressione di Emmanuel Lévinas, una “differenza non-indifferente”, o ancora una dualità che è una polarità. La donna è diversa da me, uomo, ma non come la pietra, perché la pietra mi lascia freddo, mentre la donna naturalmente mi attrae. E non mi attrae come mezzo di potere o oggetto di conoscenza – a meno che non sia la mia segretaria o che io sia il suo ginecologo, ma non si tratta più di polarità sessuale. Più si offre, più mi sfugge. Più la conosco, meno la comprendo. Infine mi attrae senza assorbirmi o fondermi in essa, poiché questa attrazione, per così dire, indurisce e solleva la mia differenza. Richiede un’unione senza fusione, nella separazione stessa, e anche nell’intensificazione della differenza.

 

Tra lei e lui non c’è solo concorrenza (o rivalità), come credono le femministe, o semplicemente un concorso (o complementarietà), come affermano molti cristiani. L’uomo e la donna sono in concorrenza come individui. Sono complementari in quanto sono contrassegnati da funzionalità biologiche (ci vogliono un maschio e una femmina per fare un bambino). Ma la loro differenza come uomo e donna è ancora di un’altra natura. Non duello, né duo, né diade, essa rimanda a quella differenza carnale, irriducibile alla dicotomia logica o a un dinamismo dialettico.

 

Se, in mancanza di una parola migliore, parlo di polarità, è, da un lato, per significare che il rapporto dell’uomo con la donna non è lo stesso di quello della donna con l’uomo, e, dall’altro lato, soprattutto, per sottolineare che la donna non è in primo luogo per l’uomo colei che colma una mancanza o soddisfa una pulsione, perché in questi due casi sarebbe solo il mezzo di un rapporto a sé – non un polo, quindi, ma uno specchio che ne restituisce l’immagine o un muro che fa rimbalzare la palla. Essa è essenzialmente lo strappo al suo costato (per riferirsi a un’immagine biblica) – quella che lo apre all’altro in quanto altro. Come uno stratagemma divino, ella fa affidamento sul suo appetito di godimento come sul suo bisogno di correzione, ma cambia quell’appetito e quel bisogno in desiderio dell’altro – in una dirittura a senso unico.

 

La differenza sessuale possiede infatti la proprietà di intensificarsi e di moltiplicarsi nell’unione. Il proverbio dice: “Chi si somiglia si piglia”. Qui l’assemblaggio aumenta la diversità. Rivolta verso un uomo, una donna diventa più femminile. Diventando madre, subisce la trasformazione più sorprendente di tutte le metamorfosi, inaccessibile al maschio.

 

Il transessualismo è una modifica tecnica di sé per se stessi, la maternità è una trasformazione naturale di sé per l’altro, dove la donna diventa dimora e cibo di una nuova persona. L’uomo non conosce nulla di analogo. La paternità lascia il corpo maschile esattamente invariato (rimanere lo stesso è il suo modo di essere diverso dal corpo femminile che la maternità cambia). La paternità non avviene attraverso l’evoluzione fisica. Essa implica direttamente il registro morale attraverso una riconoscenza da parte della madre che dà al padre di riconoscere il bambino e quindi una legittimazione davanti alla comunità al di là della cerchia familiare. E poiché il padre non diventa fisicamente, nella sua carne, dimora e nutrimento del bambino, può diventarlo solo con competenze tecniche: deve farsi carpentiere e coltivatore, costruire un tetto, mietere i cereali che serviranno alla pappa del piccolo… La madre si dà in primo luogo al bambino attraverso l’immediatezza del seno, il padre sempre attraverso la mediazione dello strumento.

 

Per quanto riguarda il moltiplicarsi delle differenze attraverso l’unione dei sessi, la differenza sessuale genera la differenza generazionale e, a partire dal secondo figlio, la differenza fraterna. Non dunque una, ma tre differenziazioni originarie dipendono dalla sessualità: l’uomo e la donna; i genitori e i figli; il maggiore e i cadetti. Se si giustappone una differenza all’altra, tutto si complica ancora: il rapporto del padre con il figlio non è lo stesso di quello della madre; e se il figlio è una figlia è ancora diverso; e la relazione tra fratello e sorella colora diversamente quella tra il maggiore e il minore. In una famiglia fondata sull’unione dei sessi, c’è naturalmente, prima di ogni interpretazione, e senza far intervenire la singolarità delle persone, tutta una rete di relazioni differenti: la relazione dell’uomo alla donna, della donna all’uomo, del padre al primogenito, del primogenito al padre, della madre al primogenito, del primogenito alla madre, del primogenito al minore, eccetera. La formula risulterebbe come r = n(n-1), dove n è il numero dei membri della famiglia. Ma questo risultato quantitativo non deve celare la ricchezza di ordine e di rango che ricopre e che deriva spontaneamente dalla differenza sessuale, dalla collocazione storica delle relazioni, da quelle disuguaglianze senza ingiustizie che forniscono la trama alle commedie e alle tragedie (ragione e sentimento, adulterio, corna, parricidio, incesto, Giuseppe venduto dai suoi fratelli, Assalonne in guerra contro Davide…).