Foto: National oceanic and atmospheric administration

Patricia Cornwell contro l'autoritarismo linguistico su razza e gender

Giulio Meotti

La scrittrice americana si inventa il passaggio da "fisherman" a "fisherfolk" in nome del pol. corr. (che, in inglese, oltre ai pescatori guarda malissimo anche poliziotti, postini e tutte quelle sfere dell'essere declinate per genere)

Patricia Cornwell ha rivelato che sta usando la parola “fisherfolk” invece di “fisherman” per evitare di offendere i suoi lettori. La regina del crime thriller ha affermato al Sunday Times di essere costantemente alle prese con il problema di quali parole siano ritenute accettabili o meno. Cornwell ha ammesso di dover utilizzare un vocabolario alternativo nel suo lavoro, come “fisherfolk”, neutrale e non binario rispetto al genere.

 

“Mi occupo di questo tutto il tempo, come se non si potesse dire che un veicolo è ‘manned’. Deve essere ‘crewed’. Ieri ho trascorso circa quarantacinque minuti cercando di capire il modo politicamente corretto di riferirmi alle persone che pescano per vivere”. L’anno scorso, Katya Adler, l’editor della Bbc per l’Europa, ha subito un contraccolpo dopo aver usato il termine “fishermen” in un programma. Il Brighton and Sussex University Hospitals Nhs Trust (il Sussex è dove è stata appena cacciata e costretta a dimettersi la professoressa critica del gender Kathleen Stock) quest’anno è stato il primo ad adottare un linguaggio neutrale rispetto al genere nelle sue comunicazioni. Il trust Nhs ha introdotto termini come “allattamento al petto”, “latte umano” e “genitore alla nascita” invece di “allattamento al seno”, “latte materno” e “madre.” Parlando al Sunday Times, Cornwell ha detto di questa vergognosa e autoritaria tendenza linguistica: “Voglio dire, quando diranno che non puoi più chiamarli buchi neri? Cosa sarà, un buco non bianco?”. E la Casa Bianca?

 

Un’altra celebre scrittrice, Lionel Shriver, ha ammesso che per un romanzo in uscita lei stessa ha accettato di rimuovere un dialogo. La scrittrice americana, che si era sempre descritta come una sostenitrice del “diritto di pubblicare ciò che vogliamo”, rivela di aver “capitolato su un paio di punti.” Ha detto: “Ad esempio, nel mio prossimo libro avevo messo un po’ di accento africano in un dialogo. Sono stata scoraggiata dall’usarlo e ho obbedito. La mia casa editrice, Harper Collins, era in ansia”. Nei giorni scorsi, gli autoritari inclusivi hanno linciato un’altra grande scrittrice, la canadese Margaret Atwood, rea di aver condiviso su Twitter e con i suoi due milioni di follower un articolo del Toronto Star intitolato “Perché non possiamo più dire ‘donna’?”. Il termine “donna” sarebbe “a rischio di diventare una parolaccia” e potrebbe alla fine essere “sradicato dal vocabolario medico e cancellato dalla conversazione”.

 

Harvey Mansfield, l’ultimo discepolo di Leo Strauss, il grande studioso di Machiavelli e di Tocqueville, torna in Italia con il suo classico “Virilità” (Liberilibri), dove già quindici anni fa scriveva: “Oggi non usiamo più la parola ‘uomo’ per riferirci a entrambi i sessi, come succedeva per esempio nella gloriosa formula dei ‘diritti dell’uomo’, a cui l’America era un tempo votata. Abbiamo passato al setaccio tutto il lessico per pulirlo da quel maschile falsamente neutro: i ‘diritti dell’uomo’ si sono trasformati nei ‘diritti della persona’, l’‘uomo dell’anno’ in ‘persona dell’anno’, e così via”. Ma non è un problema di desinenze e semantica. “La società contemporanea ha accolto un modello di uguaglianza tra i sessi che non conosce precedenti nella storia del genere umano, senza peraltro comprendere la reale portata delle conseguenze”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.