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il libro

Emily non si spoglia (quasi) più. L'incongrua autobiografia di Ratajkowski

Stefano Pistolini

Dalla comparsa nel video hot con Robin Thicke al “libro sul potere”: la modella racconta la propria esperienza, ma guai a chiamarla "capitalista". L’essere consapevoli di aver barattato il marketing con la propria anima, basta per accordarsi l’assoluzione?

Nel 2013 esce il video di Robin Thicke “Blurred Lines”: hit mondiale. Un po’ perché la canzone è azzeccata, ma soprattutto perché il video diretto da Diane Martel è esplosivo. Passeggiando davanti a un muro bianco, Thicke e i suoi due ospiti, Pharrell e T.I., canticchiano con l’aria da bulli e ammiccano alle tre ragazze che sono la vera attrazione dello show, dal momento che sono nude e non viene richiesto loro altro che fare smorfie e strusciarsi ai maschi in scena. Con l’acerbo esotismo degli hashtag sparati sullo schermo e con Thicke che mugola “Lo so che lo vuoi” alle modelle, il video è preistoria: oggi chi oserebbe mettere in scena un suicidio del genere, perfetto per far infuriare femministe e benpensanti?

 

 

Il mio corpo, l'autobiografia di Emily Ratajkowski

Al tempo invece la clip dilaga in rete e ovviamente piovono critiche. La casa discografica lo ritira e lo sostituisce con una versione “foglia di fico”. Ma una delle modelle, “la bruna” (poi c’erano “la bionda” e “la nera”), ha già provocato un bailamme infernale, perché è la ragazza più bella del mondo e perché è pure spiritosa. Si chiama Emily Ratajkowski e ad attenderla c’è un futuro da star. All’epoca Emily quel video lo difese: secondo lei era una denuncia della misoginia e non una celebrazione. Oggi ricorda: “Provo tenerezza verso la me più giovane. Dicevo quel che pensavo, ma mi mancava la visione d’insieme”. Intanto la sua immagine va in orbita: moda, pubblicità, un po’ di cinema e più tardi, avvicinandosi ai 30 anni, dei centrati tentativi da imprenditrice con una linea di costumi e un’accurata gestione della propria celebrità digitale, che ne fa una regina di Instagram con 28 milioni di follower sulla pagina @emrata (Ferragni ne ha 25) e un potere d’influenza illimitato.

 

 

Nel frattempo la sua storia ha cominciato a essere raccontata: venuta su nella San Diego libertaria, esordi da modella a 14 anni, disavventure d’ordinanza, fotografi con le mani lunghe, ingenuità, inganni, agenti sparvieri. Col passare del tempo, cresce il successo ma aumenta anche la consapevolezza. Adesso ha un figlio, un marito normale, un cane. E un libro: per raccontare cos’ha imparato. Titolo: “My Body”, il mio corpo, nella versione italiana – uscita in contemporanea, come nelle grandi occasioni – corretto in “Sul mio corpo”, per dare subito un indizio di dove vada a parare Emrata. Non a caso, niente foto glamour in copertina, ma solo la scritta a lettere cubitali e dentro 11 capitoli che affrontano lo stesso argomento da angolazioni diverse. E’ la stessa Emily ad alzare l’asticella delle ambizioni: non è l’autobiografismo a interessarla, e nemmeno la riflessione sul dismorfismo che la indurrebbe a trascorrere troppo tempo a preoccuparsi del proprio aspetto. La questione è politica. “Ho scritto storie che ruotano attorno al mio corpo”, spiega. “Come viene percepito, come l’ho usato, come è stato usato, come a volte mi ha fatto sentire come se io fossi solo questo: un corpo”. Della sua esperienza personale lei vuole fare una matrice universale.

 

Dai video hot alle invettive contro il potere (e il capitalismo)

Perché il suo bersaglio è il potere: “Questo è un libro sul capitalismo”, dichiara al New York Times. E l’attenzione che circonda la pubblicazione, nonché il suo tempismo, invitano a una lettura più analitica. Perché ci sono delle ambiguità disseminate in queste pagine e la concezione di sé della Ratajkowski appare talvolta in contrasto con quanto descrive: “La mia posizione mi ha portato a contatto con la ricchezza e mi ha dato autonomia, ma mai un vero potere”, protesta. “Ho imparato che la mia immagine, non è mia”. Il ragionamento qui zoppica: in un capitolo Emily viene pagata per andare in vacanza in un posto favoloso delle Maldive. Quando suo marito la prende in giro, dandole della “capitalista”, lei s’infastidisce: “Gli ho fatto notare che noi eravamo diversi dagli ospiti del resort, dei ricchi veri”. “Dai, baby”, insiste il marito. “Anche tu sei una capitalista, ammettilo”. “Io sto solo cercando di avere successo, in un sistema capitalista”, replica lei, “non significa che mi piaccia questo gioco”. Impegno & guadagno, influenza & coerenza (riecheggiano le polemiche su Ferragni, topos del contemporaneo). L’essere consapevoli di aver barattato il marketing con la propria anima, basta per accordarsi l’assoluzione? Nel frattempo Emily ha focalizzato lo sfruttamento estetico delle donne, ma non smette di pubblicare le sue foto sexy in bikini per promuovere il suo marchio. Nel capitolo “Transazioni”, parla delle modelle e delle attrici che ha conosciuto: “Non potevamo stare fuori dal gioco: dovevamo fare soldi, in un modo o nell’altro”. Riecco l’ossessione del gioco e del “dentro” o “fuori”, peccato e virtù. Secondo lei la scelta è obbligata. 


Quando tocca alla rievocazione di “Blurred Lines” l’esca per i media è succulenta: Emily sgancia un’accusa di molestie sessuali sul set da parte di Thicke. Di nuovo però la condisce universalizzando il problema: “Non sto cercando di cancellare gli uomini che ho conosciuto nella mia vita. Sto cercando di sfidare le aspettative”. Insomma, è lei che usa la fama, o viceversa? Da questa dicotomia può nascere un procedimento favorevole all’emancipazione femminile? E’ femminismo o opportunismo? La prolungata complicità di Emily con aziende che utilizzano l’estetica come sinonimo di profitto, è un affronto al femminismo? Emily ora denuncia la scorrettezza di coloro che hanno usato il suo corpo per vendere prodotti. Ma non somiglia a ciò che fa lei stessa coi propri prodotti? Certo, adesso a guadagnarci è lei, ma restano le considerazioni sulla mercificazione via social e sugli effetti sul pubblico. Altrove se la cava citando la veterana Halle Berry: “Il mio aspetto non mi ha risparmiato la fatica”. Milioni di donne non la penseranno come lei. 

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