Mario Vargas Llosa (foto LaPresse)

Vargas Llosa e Borges: il duello tra le due scuole di liberalismo latinoamericano

Maurizio Stefanini

Gli incroci con lo scrittore argentino nell'ultimo libro del Nobel peruviano

Jorge Luis Borges e Mario Vargas Llosa: due grandi scrittori che sono anche due punti di riferimento per il liberalismo in America latina. Appuntamento spettacolare, dunque il “Medio siglo con Borges” in cui il Nobel peruviano ha appena raccolto mezzo secolo di suoi scritti sull’argentino (Alfaguara, 112 pagine., 17,90 euro). Tra l’altro, con due interviste. Una è del 1965, quando Borges venne a Parigi. L’altra del 1981, quando fu invece Vargas Llosa ad andare a Buenos Aires. Una cosa curiosa è che già all’inizio c’è una poesia. E’ un genere letterario in cui Borges era maestro almeno quanto lo fosse nel racconto e nel saggio, mentre non volle mai cimentarsi nel romanzo o nel teatro. Al contrario, Vargas Llosa oltre a essere un grande saggista, è soprattutto un romanziere e un drammaturgo, mentre frequenta poco il racconto e quasi per niente il verso. Questa “Borges o la casa dei giocattoli”, scritta a Firenze il 4 giugno del 2014, alterna in modo singolare l’elogio all’ironia. “Visse leggendo e lesse vivendo/ non è la stessa cosa / perché tutto nella vita / vera / lo spaventava,/ principalmente il sesso e / il peronismo”.

  

“Un autore che è stato per me, da quando lessi i suoi primi racconti e saggi nella Lima degli anni 50, una fonte inesauribile di piacere intellettuale”, dice Vargas Llosa nel cominciare il libro. Ma i loro incontri furono duelli. Nel 1963 a Parigi nessuno dei due era ancora il mito che sarebbe diventato, ma proprio con quel viaggio Borges iniziò a essere conosciuto in Europa, alla non più verde età di 64 anni. Vargas Llosa ne aveva appena 27, ma aveva appena vinto il suo primo premio letterario con “La città e i cani”, e stava scrivendo la “Casa verde”, con cui ne avrebbe vinto un altro. Lo ringrazia per avere concesso “un’intervista all’oscuro giornalista”, ma ha una battuta velenosa sul “timido intellettuale di Buenos Aires attaccato alla gonna di sua madre”. Nel 1981 sono ormai entrambi affermati, ma Borges sembra ancora non considerarlo. Vargas Llosa dirà di avere avuto l’impressione che, forse per la cecità, “aveva uditori, non interlocutori, e forse un solo stesso uditore”. “Lei vive praticamente come un monaco, la sua casa è di una enorme austerità, il suo dormitorio sembra la cella di un trappista, realmente è di una sobrietà straordinaria”, gli chiede. “Il lusso mi sembra una volgarità”, è la risposta.

    

Vargas Llosa scrive che Borges fu “il miglior scrittore di frasi del suo tempo”, ma ritiene che la frase in cui si sia meglio ritratto è: “Molte cose ho letto è poche ho vissuto”. Anche il liberalismo di Borges è più che altro una provocazione intellettuale verso i suoi compatrioti: forse non troppo diversa dall’essere vegetariano in un paese dove l’asado è identità nazionale. Vargas Llosa invece crede effettivamente che il liberalismo possa essere la rivoluzione di cui l’America latina ha bisogno, e si è addirittura candidato a presidente. Lo scrittore peruviano dedica poi molte pagine all’assenza del sesso dalle pagine di Borges, e al suo scarso peso in una vita oppressa da una madre invadente. Ricorda come solo negli ultimi anni di vita il matrimonio con la giovane allieva María Kodama gli avesse permesso infine di liberarsi, e di iniziare a fare con lei divertenti follie. Gite in mongolfiera, giri turistici vorticosi in luoghi di cui non poteva vedere più niente. Vargas Llosa ha invece sempre detto che se nelle sue storie non c’è sesso non gli sembrano riuscite e che non ha mancato di farne di tutti i colori. La fuga da minorenne con una zia che aveva il doppio della sua età, la pratica di pugilato sfociata in un famoso cazzotto a Gabriel García Márquez, da ultimo a 80 anni la decisione di porre fine a un matrimonio di 50 anni per mettersi con la socialista Isabel Preysler. Se vogliamo ributtarla in politica, quello di Borges era un liberalismo latinoamericano che non si azzardava neanche a lottare, per rifugiarsi nel campo dell’astrazione. Quello di Vargas Llosa è invece un liberalismo che è sceso in campo.

Di più su questi argomenti: