Una splendida quarantena /4

Elicotteri e task force. Il lato buffo della caccia all'untore

Michele Masneri e Andrea Minuz

Ricordate la scena di Totò che getta dal finestrino del treno le valigie dell’onorevole Trombetta? Catalogo delle cose fastidiose di cui dovremmo sbarazzarci al più presto: comitati, commissioni e sottocommissioni

Droni, elicotteri, posti di blocco e cartolibrerie aperte per comprare pennarelli e libri di Carofiglio. E’ un “modello Italia” sempre più sfuggente, equivoco, ambiguo e che forse ci parla per metafore che vanno decodificate (avevamo chiuso per primi, riapriremo per ultimi; eravamo i “campioni del mondo” di tamponi, non ci sono i tamponi). Ma la “fase 2”, si sa, è la più delicata e complessa, la più difficile da scrivere, come il secondo atto a teatro. Dopo l’iniziale ardore patriottico e risorgimentale, l’italiano torna finalmente alle sue vecchie abitudini. Privato di tutti i possibili ponti da qui al 3 maggio, e con l’incubo che il 2 giugno le frecce tricolori gli sfreccino sopra la testa per smitragliarlo mentre fa un barbecue in terrazzo, pensa più che altro con sgomento e grande apprensione al rimborso dei concerti e alla sua estate al mare nelle gabbiette di Plexiglas. E tra demonizzazioni, provvedimenti tardivi, rinvii, incompetenze, sfiducia, disorganizzazione, dispute virologiche e meeting su Zoom e chat di classe su Meet, forse inizia davvero a non poterne più.

 

AM: “Ogni limite ha una pazienza”, diceva giustamente Totò in quella scena memorabile con la sua spalla prediletta, Mario Castellani, aka Onorevole Trombetta, nel “wagon lit” del rapido Napoli-Milano quando il viaggio durava quasi un giorno. Una situazione classica: un luogo chiuso e degli estranei costretti a una coabitazione forzata. Un’inquadratura fissa, due attori, una raffica di gag sopra i tempi perfetti dello starnuto “abortito” (quindi a suo modo scena attualissima, “sono un uomo di mondo, ho fatto tre anni di militare a Codogno”). Quando arrivano le valige dell’Onorevole Trombetta, Totò le butta una dopo l’altra dal finestrino, alè. Ecco. Potremmo iniziare anche noi. Si potrebbero buttare via dal finestrino o dai terrazzi condominiali o dai balconi un po’ di cose di cui non se ne può proprio più: la guerra contro Amazon e l’online, i no-vax, gli applausi nei talk-show che son molto meglio senza, i complottisti, gli assembramenti per le feste patronali, i balli di gruppo in riva al mare, i parenti coi fischi a botto alle tesi di laurea. Io però comincerei dalle “task-force”, ovvero “taksforz” nei Tg, vocazione e “costante” antropologica italiana: “Non c’è problema nella vita che non possa essere risolto da una canzone di Frank Sinatra”, dice sempre un mio amico, “non c’è problema italiano che non abbia almeno due commissioni e cinque sottocommissioni”, diremmo noi.

 

MM: Il Comitato tecnico-scientifico della Protezione Civile, il Comitato tecnico della Protezione Civile, la task force del ministero della Salute, quella del ministero dell’Innovazione (74 membri), la task force del Commissario Domenico Arcuri, l’Istituto Superiore della Sanità, i “tavoli” per il made in Italy attivati con la Farnesina guidati dal sottosegretario Di Stefano, e su tutte la mega task force di Vittorio Colao, con “autorevoli esperti con elevate e qualificate competenze ed esperienze professionali in diversi settori”, ma senza più virologi (il loro momento pare già passato) più vari comitati a pioggia. Tra gli orientamenti c’è l’idea di sostituire l’autocertificazione su carta con una app da scaricare sul telefonino più un’altra per mappare tutti gli spostamenti, ma “nel pieno rispetto della sicurezza e della privacy degli utenti”.

 

AM: Dopo una complessa trattativa Stato-Google.

 

MM: Poi una task force per la scuola, anzi per “pensare alla riapertura delle scuole”, una commissione Cobas-Covid.

 

AM: E’ questo infondo l’intramontabile romanzo di formazione italiano: a vent’anni il collettivo, poi la rete-civica, il comitato di quartiere, i “tavoli”, l’organo indipendente, il gabinetto, la sotto-commissione, la commissione d’inchiesta, la commissione permanente, la “task force”. Anche nel “Decameron” e nei “Promessi sposi” andrebbe aggiunto l’episodio in cui formano task force e commissioni.

 

MM: Nel frattempo Colao non si è ancora mosso ma subito ci si è incagliati nel dibattito di genere. Quattro donne su diciassette esperti non va bene. La task-force manca della “sensibilità femminile nell’approccio contestuale della sfera professionale e familiare”. Nuovo appello, nuovo hashtag #datecivoce e raccolta firme.

 

AM: Ecco quindi la task force della ministra Bonetti, “Donne per il nuovo rinascimento”, perché “la ripartenza avrà impulso proprio dalle donne e dalla loro resilienza”, forse perché si ammalano di meno. Manager, ricercatrici, direttrici artistiche, scienziate, anche Suor Alessandra Smerilli, economista e consigliera di Stato in Vaticano.

 

MM: Che sta forse anche nella task force istituita dal Papa: 5 gruppi di lavoro che avranno il compito di “esprimere la sollecitudine e l’amore della Chiesa per l’intera famiglia umana di fronte alla pandemia di Covid-19”.

 

AM: E poi ancora Beppe Sala nominato capo della “task force dei sindaci del mondo”, tipo “Avengers”.

 

MM: E la task force della Toscana, e Zingaretti che crea la “task force della velocità”, una “cabina di monitoraggio permanente” (oddio).

 

AM: Una valigia bella grande da buttare via: quella comunità onirica e visionaria di regioni, province, città municipali, circoscrizioni; un’architettura dello Stato fondata su un intensissimo spreco di energie, soldi, posti-lavoro demagogici e ripartizioni di “territori” e appartenenze che finalmente la pandemia fa vedere in tutta la sua mostruosità.

 

MM: Il titolo V, quello delle autonomie, implode soprattutto sulla questione-librerie. Fazioni compatte e contrapposte al suon di “cibo per l’anima” (pro) e “neolibberisti selvaggi” (contro), con gran fanfara si annuncia che le librerie apriranno il 14 aprile. Ovviamente non succede, perché se la polemica è nazionale, le aperture sono regionali. Lombardia, Piemonte e Campania hanno imposto la chiusura fino al 3 maggio. Il Lazio ha stabilito che riapriranno solo il 20, per dare il tempo di adottare le misure di sicurezza.

 

AM: Come dice ormai anche il fioraio sotto casa, “in un mondo globale non si possono più affrontare i problemi in chiave nazionale”, e infatti noi li affrontiamo in chiave regionale. Passata la sbornia delle balconate di Unità nazionale, ecco il gran ritorno delle ostilità municipali “guarda ’sti romani che vanno al mare” e “i veneti invece tappati in casa” e a “Palermo fanno le grigliate sui tetti”.

 

MM: Soprattutto nella mia bolla molti milanesi che se la prendono coi romani per via di quelle foto della Pontina intasata, che poi si è capito che era più che altro un ingorgo da posti di blocco, peraltro qui i dati parlano chiaro: Milano 10 mila controlli 487 multe. Roma 25 mila controlli 102 multe.

 

AM: Anche perché quando si tratta di stare fermi Roma è imbattibile.

 

MM: Dunque in Lombardia aprono solo i negozi di articoli per neonati e bambini e i mercati al coperto, purché rispettino le stesse regole dei supermercati. In Trentino negozi per l’infanzia e librerie restano chiusi, ma riaprono cantieri, stradali ed edili a patto che sui luoghi di lavoro siano garantiti i termoscan e le mascherine. Sì agli spostamenti per incontrare “compagni o figli” (?). L’Emilia Romagna spera di riaprire tutto prima del 3 maggio ma non nei Comuni che sono ancora zona rossa. In Campania i negozi di vestiti per l’infanzia potranno aprire solo il martedì e il venerdì, dalle 8 alle 14.

 

AM: Ma poi abbiamo la nostra piccola Corea, il Veneto.

 

MM: Zaia (il cui arco narrativo andrebbe studiato a parte, da male assoluto con la storia dei cinesi col sorcio in bocca a esempio sudcoreano di efficienza) ha annunciato “un lockdown soft”. Abolisce il divieto di jogging, consente le grigliate del 25 aprile e del 1° maggio ma solo nelle proprietà private e con il proprio nucleo familiare (“ciò esclude la provenienza dall’esterno di parenti, amici, inquilini o quant’altri”) e prevede l’apertura delle librerie due giorni a settimana.

 

AM: In Liguria, invece, il governatore Toti autorizza la ripresa dei lavori di giardinaggio, anche in orti e frutteti, e di piccola edilizia. Si prepara anche alla riapertura delle spiagge, manutenzione degli stabilimenti balneari e dei chioschi. Riaprono anche i cantieri nautici.

 

AM: Il mare è chiaro che è il vero grande obiettivo spaziotemporale che ci poniamo. “Andremo al mare questa estate. Stiamo lavoriamo per far sì che possa essere così”, ha detto il sottosegretario del Mibact, Lorenza Bonaccorsi. E giù polemiche, perché “andare al mare” sembra un estremo atto di trasgressione contro la volontà attuale di “stare a casa”.

 

MM: E qui si apre il grande tema delle spiagge, separate dai muraglioni di Plexiglas, come ha proposto un’azienda modenese che prevede “box trasparenti con pareti e profili in alluminio, di 4,5 metri per lato con un accesso da un metro e mezzo di ampiezza”. Ma tra le proposte c’è anche quella di lasciare almeno tre metri tra un ombrellone e l’altro, in aggiunta a barriere di Plexiglas da interporre tra ogni coppia di lettini. “Possiamo realizzare qualsiasi grandezza e forma”, ha detto Claudio Ferrari, proprietario della “Nuova Neon Group 2” che le produce; “già ci sono arrivate diverse richieste sia dai balneari sia dai ristoratori”.

 

MM: Andare al mare come vera fase 2 spirituale e architettonica: da una parte i box con quelle foto che sembrano gli esperimenti del Radical Design degli anni Sessanta. E pensare che prima del virus il problema principale ci sembrava la plastica: adesso séparé trasparenti ovunque, dal fruttivendolo come in spiaggia.

 

AM: Però c’è chi non ci sta: come il proprietario del Papeete, il lido identitario salviniano, che ha molto protestato: vengano qua Conte e i ministri, che glielo faccio vedere io il Plexiglas, ha detto a Repubblica. Minaccia di muovere su Roma, con tutti i balneari, dopo il 3 maggio. “Io raccolgo la sofferenza di un’intera categoria”, ha detto il balneare, Massimo Casanova, 450 dipendenti tra stabilimenti e discoteche. Dopo i governi, abbiamo le opposizioni balneari.

 

MM: Contro il mojitino, per estati più sobrie, c’è anche chi vagheggia un ritorno a cabine molto aristocratiche da mari del nord, con tende magari a righe, da “Morte a Venezia”.

 

AM: O “Morte di un runner viaggiatore”, sempre a Venezia. Quello inseguito sulla spiaggia dall’elicottero della Guardia di Finanza, su una spiaggia veneta, il giorno di Pasquetta, e ripreso dalle telecamere di Barbara d’Urso. Lei ha chiaramente il format già pronto: inseguimento del runner con droni e telecamere, il pubblico vota su Facebook per arresto o esecuzione sommaria sul posto, poi in studio recitano l’eterno riposo.

 

MM: Da helicopter money, come doveva essere all’inizio, coi soldi keynesiani gettati a piene mani per una ripresa, a helicopter multa (copyright Giuseppe De Filippi). Altre immagini, questa volta di un drone, che rincorre un anziano che fa jogging, sono state usate anche ad Agorà su Rai Tre montate sulla musica della Cavalcata delle Valchirie, con richiamo sempre elicotteristico ad Apocalypse Now.

 

AM: La nuova èra dei media inizia non a caso con l’inseguimento in diretta di O. J. Simpson nel 1994 e si chiude coi droni di Virginia Raggi. Certo il drone adesso ci è sfuggito un po’ di mano.

 

MM: Sono certo che poi finito il Corona la Raggi utilizzerà la stessa armata di terra di mare e di cielo e lo stesso zelo dato nella caccia al runner per multare bancarelle abusive, doppie file, lavori fermi!

 

AM: Già, che occasione formidabile per i sindaci: occultare l’incapacità di amministrare una città in tempi normali sfoderando controllo e sorveglianza da golpe distopico, un po’ “Vogliamo i colonnelli”, un po’ “Minority Report”, un po’ quel vecchio sci-fi di Elio Petri prodotto da Carlo Ponti, “La decima vittima”, con Mastroianni blondo platino e Ursula Andress in bikini impegnati in una futuristica caccia all’uomo girata all’Eur. C’era anche “Il ministero della caccia”, che in effetti potrebbe andare a Barbara D’Urso.

 

MM: Poi c’è la deputata – come te sbagli – ex grillina, che si butta verso la spiaggia. “Sono una parlamentare e nell’esercizio delle mie funzioni sto andando al mare”, ha detto Sara Cunial, imprenditrice agricola, eletta col Movimento 5 Stelle poi espulsa, e ora nelle file del gruppo misto.

 

AM: “Lei non sa chi sono io” (è sempre Totò).

 

MM: Lei è già il mio personaggio preferito. Eletta nel 2018 col Movimento 5 Stelle, è stata multata di 248 euro sulla via del mare, dicono i giornali, ma comunque ha tirato dritto. Però su Facebook sostiene di non essere invece stata multata, e che era in giro a fare il suo dovere di deputata, tipo ultima paladina in un mondo privato delle libertà, un po’ “Blade Runner”, per evitare che “il paese diventi un laboratorio di cavie per #5g e altre sperimentazioni”.

 

AM: Era pure stata espulsa poco dopo essere stata eletta per un post in cui paragonava le vaccinazioni a un “genocidio gratuito”.

 

MM: E allora sarebbe anche ora di buttare un po’ a mare no vax e complottisti vari, che, come ha scritto Paolo Mieli, sono particolarmente scatenati in questo periodo. C’è il complottista-regista Gabriele Muccino – secondo cui il Corona è “un’operazione per abbattere le economie cinese ed europea”. Muccino chiede agli italiani di mandargli idee su un film che sta già girando sul virus – mi immagino già una scena: in una Roma da cartolina, i droni inseguono una intensa Sabrina Impacciatore mentre corre urlando, e pure senza autocertificazione, dal suo Pierfrancesco Favino che era stato idealista in gioventù e invece ora fa delle truffe sulle mascherine (mentre Baglioni suona a tutta forza da un balcone). C’è poi il complottista musicarello Red Ronnie (ci sarebbe un farmaco capace di neutralizzare il Covid-19, “ma qui in Italia ce lo nascondono”) e poi ancora Eleonora Brigliadori (“c’è dietro l’America”; “è terrorismo mediatico” e “la polmonite viene alle persone che hanno indebolito la loro sfera morale nel Respiro”); Alessandro Meluzzi (ci nascondono il farmaco perché costa troppo poco per consentire grandi affari), Alessandra Mussolini (colpa di un laboratorio cinese) e Domenico Scilipoti, che dà ragione al cardinale Malcolm Ranjith dello Sri Lanka, secondo cui il virus è il prodotto di sperimentazioni senza scrupoli “da parte di nazioni ricche e potenti”.

 

AM: Ma anche il remake delle “lucciole” di Dacia Maraini in un accorato appello al Tg2 intitolato “L’era del coronavirus”, forse come omaggio a Battiato e presa di posizione nella querelle con la Murgia: “Abbiamo trattato male il pianeta, abbiamo distrutto le campagne con l’uso dissennato dei pesticidi, abbiamo lasciato morire i profughi in mare” (jolly) e poi “i tagli alla scuola e alla sanità”; aggiungerei almeno il buco dell’ozono, gli alpaca, le telline di Fregene (non si trovano più), la Groenlandia, le piccole librerie di Trastevere, il senso civico, tutto per concludere che “questa segregazione ci farà capire quanto abbiamo sbagliato” e se ci pentiamo degli errori dopo saremo una persona meglio.

 

MM: Secondo me dopo “saremo più poveri ma stronzi uguale”, come titolava Cuore nel 1992, dopo l’ennesima recessione italiana.

 

AM A proposito, ma quando è stata l’ultima volta che non siamo stati in recessione?

 

MM “La più bella di tutte”, intesa come recessione continua, un modello abbastanza unico, altro che Corea. Adesso poi che passerà pure il messaggio che a Milano un po’ se la sono meritata, perché lavorano troppo e pensano pure al “profitto”, è tutto finito. Un paese fondato sulla chiusura domenicale degli esercizi, andrebbe cambiato il claim.

 

AM: E sarà la recessione imminente o forse il senso di colpa che ci fa mangiare così tanto? Vedi l’eccesso di abbacchi che per abitudine ci siamo trangugiati anche in lockdown.

 

MM: Io con riflesso pavloviano e senza appetito ho ordinato a una trattoria sotto casa abbacchio scottadito e fritto e lasagna e tortelli. Ma perché?

  

AM: Perché anche qui aveva ragione Totò: “Questa è la civiltà: hai tutto quello che vuoi quando non ti serve”. Basta infatti anche con l’epica della gita – e viva sempre Giuliano Ferrara e il suo straziante urlo, “pasquettari di merda”, su questo giornale.

 

MM: Ma il lockdown privilegia l’abboffo mentre chi tenta di smaltire in qualche modo viene subito colpevolizzato. L’ha sostenuto il filosofo Riccardo Manzotti: “Chi sosteneva l’importanza dell’attività fisica è stato immediatamente deriso (la “corsetta”, “andare a spasso”) o associato a tratti moralmente inferiori (narciso, egoista, individualista, persona priva di rispetto), mentre l’abuso di carboidrati, tabacco e alcool che pure ha accompagnato la clausura domestica viene visto con indulgenza (tabacco) e generalmente con vera e propria simpatia (alcool e cibo). E’ ovviamente irrazionale pensare che chi corre manchi di rispetto mentre chi sforna torte e pizze sia un monaco penitente, ma è coerente con la cornice ideologica dove il virus deve essere sconfitto dal sacrificio e dalla sottomissione alla autorità e non dall’intelligenza e dalla tenacia”.

 

AM: Ma qui si presuppone che il cittadino italiano viva in condizione bambinesca perenne, terza media, ultimo banco. Quindi prima lo si minaccia di multe e carcere e lavori forzati e pignoramenti di seconda a casa, poi ci si complimenta con lui per quant’è bravo a restare sul divano. E quello giustamente ripiega sull’abboffo, “vabbè ci pensate voi, io nel frattempo magno”.

 

AM: Certo con l’ossessione alimentare c’è poco da fare. Tutti con queste paste madri e lieviti, tutti a panificare. Soprattutto i programmi di cucina, ora che tutti cuciniamo da casa, magari in favore di telecamera, insomma che ragione c’è di vedere qualcun altro che lo fa in tv? O le gare tra ristoranti affollati? Magari sostituirli con le repliche delle lezioni di aerobica neoliberista di Jane Fonda al mattino, che serviranno per ripartire.

 

MM: Infatti anche “La prova del cuoco” dice che chiude, dopo 20 anni. Da un popolo di guardoni culinari cominceremo finalmente a cucinare davvero e smettere di parlare di cibo? Lo hanno sempre sostenuto gli esperti; si fa un gran parlare, si guardano le trasmissioni, si mostra il lievito su Instagram (come una volta le cartoline dalle Maldive). Ma poi a casa si mangia il surgelato.

AM: “Io neanche li scongelo. Li succhio come i ghiaccioli” (cit.).

 

MM: E’ per evitare il surgelato che a Pasqua ho ordinato dal ristorante sotto casa. Abbacchio arrivato in ritardo, ordinazione sbagliata nonostante le buone intenzioni. Il giorno dopo è arrivato un messaggio: “Scusate la disorganizzazione, non eravamo pronti a tutto ciò”. Pensavo fosse Palazzo Chigi e invece era la trattoria. Una comunicazione onesta, merkeliana. E pure senza task force.

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