Ryszard Legutko

Arriva il filosofo di Solidarnosc e l'ateneo liberal lo mette alla porta

Giulio Meotti

Ryszard Legutko disinvitato dal Middlebury College (immemore del caso Murray)

Roma. Due anni fa nel Vermont, lo stato più liberal d’America (di Bernie Sanders) e bastione della controcultura progressista, il Middlebury College invitò Charles Murray, il pensatore dell’American Enterprise Institute autore di tanti libri importanti contro il welfare state e che il New York Times magazine ha definito “The Most Dangerous Conservative”, il più pericoloso dei conservatori. 450 laureati del Middlebury firmarono una lettera per protestare contro l’invito dell’autore della “Curva a campana”, famosa apologia dell’intelligenza come motore della società che gli aveva attirato le accuse di “razzismo”. Gli studenti fecero il resto. Quando Murray è salito sul palco, quattrocento studenti gli hanno rivolto le spalle e urlato slogan come “razzista, sessista, anti gay”. E’ durata venti minuti, fino a che Murray non è stato portato in un’altra stanza. Quando è uscito, il pensatore è stato attaccato fisicamente da un gruppo di manifestanti. Il presidente del college Middlebury, Laurie Patton, ha chiesto scusa a Murray, sostenendo che “i college delle arti liberal sono luoghi ideali in cui le differenze vengono tutte messe in mostra”.

 

E come riparare se non invitando un altro noto intellettuale controverso e conservatore, per giunta polacco, il filosofo Ryszard Legutko? Seguendo il solito schema, gli studenti hanno lanciato una petizione accusando Legutko di “xenofobia, razzismo, misoginia”. E hanno chiesto al dipartimento di Scienze politiche di annullarne la conferenza. Tre ore prima del discorso di Legutko, l’ateneo gli ha inviato una email dicendo che la sua presenza non era più necessaria e che era stata cancellata la conferenza a causa di “potenziali rischi per la sicurezza”. “Durante i giorni del totalitarismo comunista, gli studiosi dell’occidente si sono recati nelle nazioni del blocco orientale per tenere lezioni e seminari clandestini”, ha detto Keegan Callanan, che dirige il Forum Alexander Hamilton e che aveva invitato il politico polacco. Paradossale che ora i filosofi europei, per giunta un intellettuale del movimento dissidente polacco Solidarnosc come Legutko, non siano benvenuti negli atenei progressisti americani. Ryszard Legutko fu uno dei principali animatori di quella solidarietà sotterranea, in quanto responsabile intellettuale di Solidarnosc e direttore del celebre samizdat (rivista clandestina, ndr) Arka. Legutko sarebbe poi stato un protagonista anche della democrazia polacca dopo la caduta della Cortina di ferro: ex ministro dell’Istruzione, europarlamentare, professore di Filosofia antica all’Università Jagellonica di Cracovia, traduttore di classici della filosofia greca.

 

Dopo il disinvito formale, Legutko viene chiamato a parlare dal professore Callanan su suggerimento di un gruppo di studenti che non volevano ripetere l’incidente di Murray. “Sono stato introdotto di nascosto nell’auto di uno studente del campus e sono entrato nell’edificio attraverso la porta sul retro”, ha raccontato Legutko a Rod Dreher di American Conservative. “Quando ho iniziato il mio discorso c’erano una ventina di studenti nella stanza, ma presto altri hanno iniziato a entrare. Quando stavo uscendo dalla stanza, il capo della sicurezza mi si avvicinò, offrendomi una uscita sicura dal campus”. Ma sbaglieremmo a pensare che è un problema che riguarda soltanto l’America. Nei giorni scorsi, il filosofo ebreo francese Alain Finkielkraut ha potuto parlare all’Università Sciences Po di Parigi soltanto grazie all’arrivo di cinque camionette della gendarmeria francese. Per riprendere il titolo del libro più noto di Legutko, è il “Demon in democracy”, in cui il filosofo polacco traccia un parallelo fra il regime comunista e il pensiero unico nelle moderne società liberali. Come aveva previsto il suo compatriota Stanisław Ignacy Witkiewicz in un romanzo del 1932, “Insaziabilità”, dove una specie di oppio mentale, la pillola di Murti-Bing, consente ai conquistatori di ottenere l’assenso dei conquistati.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.