Ma la notte no

Annalena Benini

Il sonno dell’Occidente genera discussioni sui materassi e sulle app per dormire ancora meglio

Le notti in cui abbiamo dormito è come se non fossero mai esistite. A meno di voler perseguitare il mondo con il racconto dei sogni, restano nella memoria solo le notti in cui siamo rimasti svegli, e abbiamo deciso in quelle ore di cambiare tutta la nostra vita, o siamo stati presi da un terrore che si è sciolto soltanto al mattino, con il sole, o abbiamo camminato per la casa, scritto, spostato mobili, cucinato, letto i giornali prima di tutti. Le notti insonni sono insomma le più interessanti, e faticose, ma il mondo è tormentato dal dormire, che non è più un semplice dormire, con gli occhi chiusi e in posizione sdraiata, di solito in un letto, per un numero variabile di ore, ma è molto di più: la notte è tutto ciò di cui parliamo di giorno. La “qualità del sonno” è un’ossessione per la quale siamo disposti a parlare ore di quali siano i materassi migliori, e aspettare mesi per avere quello che memorizza la forma del corpo, scoprendo poi che è scomodissimo e fa venire gli incubi; ma non ci arrendiamo e compriamo allora il materasso che elimina i punti di compressione che disturbano il sonno e quindi creano un allarme nelle app che monitorizzano il nostro dormire: queste app scoprono se abbiamo davvero dormito e se quindi possiamo considerarci riposati e affrontare la giornata al meglio, o se ci siamo soltanto illusi di avere dormito. Il conteggio delle ore, infatti, non basta.

La passione che mettiamo nello smascherare un sonno ingannevole è pari allo sconforto che proviamo nel leggere la mattina sul telefono che il deep sleep, cioè il sonno profondo, è stato soltanto di tre ore e venti, a dispetto delle otto ore trascorse a letto: un fallimento. Il light sleep, infatti, non vale niente, è un sonno bugiardo, che creerà danni alla salute, difficoltà di concentrazione, perdita di memoria, invecchiamento e morte. La notizia che il deep sleep è stato gravemente insufficiente fa venire un cerchio alla testa e occhiaie scure, oltre a profonda angoscia, sonnolenza e bisogno di condividere il problema a cena con gli amici, al pranzo di Natale e alla riunione di lavoro: nessuno si infastidirà, anzi tutti avranno voglia di raccontare nel dettaglio la notte trascorsa, soprattutto se ci si è alzati per bere dopo una cena a base di acciughe e pizza, e ci sarà subito qualcuno che dirà: melatonina. O anche: ritmo sonno-veglia. I genitori di bambini ancora molto piccoli di solito a questo punto trattengono l’istinto fortissimo di rovesciare il tavolo della riunione, e davanti a loro bisogna fare attenzione a parlare di materassi in gel e di feng shui per la camera da letto, perché le madri e i padri di bambini che si svegliano da una a diciotto volte per notte sono stanchi e acciaccati e hanno una strana luce negli occhi: per cinque ore consecutive di sonno sarebbero disposti a dormire in ufficio sdraiati sulla scrivania, ma appena il bambino è dai nonni e loro possono piombare in questo famoso deep sleep risanatore, vengono colti da una nostalgia straziante e passano la notte a mandare messaggi apprensivi ai nonni, impedendo anche a loro di dormire.

Per evitare di venire risucchiati nelle conversazioni sulla qualità del sonno e sui cuscini ergonomici, comunque, bisogna assolutamente evitare di sbadigliare, e anche di infliggere notizie sulla nostra ultima notte insonne. Teniamola segreta, come una cosa solo nostra, perché il mondo là fuori è pronto ad appropriarsene al grido di: valeriana.

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.