una scena con Paolo Villaggio come il ragionier Ugo Fantozzi, crocifisso in sala mensa

Santi e peccati

Umberto Silva

Folli e credenti, insultati e insultatori. L’importante è non credere mai in se stessi

"Insultare è come uccidere”, dice Papa Bergoglio nella sua arringa dalla finestra di San Pietro. Magari, Santità. Con tutti gli insulti che ho spanto su tante tovaglie non solo nessuno ho ucciso ma mi sono preso un sacco di botte. E tutto quello che rabbioso potevo dire, e ho detto, è stato: “Me lo merito, coglione che altro non sono”. Tutto questo perché il mio insultare si è sempre costretto a ben poco, niente di sultanico ma qualcosa di miserabile, insulti a vuoto, perdenti fin da subito. Il fatto è che ho sempre insultato i potenti e mai i morti di fame; violenti, feroci j’accuse che mi sono stati restituiti con atroci schiaffetti o addirittura, tortura ancor peggiore, silenzi di tomba, assai più orrendi del controinsulto infuocato che costoro potevano scaraventarmi addosso. Insultare è “come” uccidere dice il Papa, “come”, appunto, non ho ucciso un bel niente, ho sparato alla cavolo, giusto per attirarmi assai calibrate vendette, quelle sì assassine. Caro Papa, mi dica lei che tutto conosce e tutto della Vera Vita ha attraversato, come si fa non essendo un potente politico o un sapiente delinquente o uno scrittore di chiara fama a offendere senza prendersi uno sprezzante sputo di silenzio? Mi do un gran daffare per scoprire il lato debole dell’odiato nemico e poi quello nemmeno legge quel che ho scritto contro di lui, o se lo legge pure si diverte, e ghignando dice “stronzetto”, e finisce di bersi il succo d’arancia. Ma se s’incazza manda pure la polizia o una querela o roba del genere. Capita ma è raro, in realtà nessuno mi fila, perché a qualcuno magari gli piace il mio insulto, anche se non vuole dirmelo ci gode, riconosce la propria mostruosità e soddisfatto l’accarezza, e tace.

 
Caro lettore ricordati, insultare un potente funziona solo a un patto: che tu ti trasformi il più velocemente possibile in costui, che tu prenda la forma di colui che insulti, allora sì l’insulto ti sarà benefico. “Sii chi insulti”, è il mio motto che a tutti raccomando, perché se lo insulti significa che costui è migliore di te, o perlomeno assai più riuscito nelle porcate che ha commesso, al punto di non avere bisogno neppure di sputarti addosso, il che ti offende assai, perché un bello sputo riempirebbe la tua giornata di gioia, e invece ti tocca aspettare ma niente ti appare, e allora sì fai l’offeso, ti senti un verme, senza sputo, asciutto. “Sii chi insulti”, non aspettare, datti da fare, solo quando sarai lui, l’insultato, sarai qualcuno degno di essere a tua volta insultato. Niente tempra più degli insulti, sicché spesso tocca elargirceli da soli.

 

Concludo con un altro discusso allarme papale di questi giorni. Medjugorje vacilla tra il bene e il male e Francesco ha mandato un suo fido a vedere cosa davvero accade. Lo so io cosa accade: accade che tutti credono in un mucchio di stronzate, salvo quelli che vanno a Medjugorje e vedono la Madonna, o la sentono nell’aria. Gli ostili a Medjugorje sospirano o sputacchiano, deridono mentre i cardinali prendono tempo. Chissà cosa stanno pensando, forse a come sbarazzarsi di quei pezzenti che delirano e offendono l’alta teologia ecclesiale. Come togliersi di dosso i pellegrini prima che diano i numeri del tutto e si menino o facciano orge o scissioni o che altro? Sono il pericolo numero uno dell’umanità, più di Trump, più di quel tizio che spara razzi? O forse no, forse tanti preti sperano di diventare come loro, i folli di Dio? In cosa crede la povera gente che sbarca a Medjugorje e annaspa qua e là cercando un qualcosa che si manifesti, che dia loro speranza, una Madonna che appare al bordo della strada? Credono? O più semplicemente credono di credere, e senza sosta camminano per vie sempre più incredibili? Amo i folli, detesto i credenti. Tali non sono i pellegrini ma coloro che lungamente o per tutta una vita hanno creduto e ancora credono in tanti osceni politici, mostruosi scrittori, disgustosi architetti dei quali, per non offendermi, taccio. C’è ancora di peggio: credere in se stessi, è il più sciocco dei peccati. Grazie al cielo essere noi stessi è una sventura che ci è stata risparmiata. Così quella sera divorando una pera, lo psicoanalista parlò.

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