"Le Sabine" di Jacques-Louis David

Stiamo vivendo nella “Lunga pace” o solo nell'intervallo tra due guerre?

Luciano Capone

Dibattito storico-statistico tra Steven Pinker e Nassim Taleb

Roma. Stiamo vivendo nell’epoca più pacifica della storia o in un intervallo tra due guerre sanguinose? Il declino degli scontri bellici tra grandi potenze è l’inizio di una nuova epoca o solo un’illusione ottica, come la Belle époque vissuta tra la Guerra franco-prussiana e la Grande guerra? E’ su questi interrogativi, e senza poter dare una risposta definitiva, che si è aperto un aspro e stimolante scontro statistico-intellettuale tra Steven Pinker, linguista e psicologo evoluzionista di Harvard, da un lato, e Nassim Taleb, matematico e studioso del calcolo delle probabilità della New York University, e Pasquale Cirillo, statistico della Delft University of Technology, dall’altro. Pinker nel 2011 ha pubblicato un libro di grande successo, “The better angels of our nature”, in cui, raccogliendo una serie di dati sulle guerre e su tutti i tipi di violenze nel corso di secoli, espone quello che definisce come “il fatto più importante della storia dell’umanità”: “Che ci crediate o no – dice Pinker – la violenza è diminuita e oggi viviamo nell’epoca più pacifica nella storia della nostra specie”.

E’ un fenomeno globale che riguarda ogni aspetto della vita: sono in calo omicidi, torture, rapimenti e pulizie etniche. Ci sono ancora guerre civili e terrorismo ma sono eventi meno frequenti e meno distruttivi delle guerre tra stati: “Globalmente, il tasso di morti per i conflitti è in calo: dai 300 decessi ogni 100.000 persone durante la Seconda guerra mondiale, ai 22 negli anni 50, 9 nei 70, 5 negli 80, 1,5 nei 90 e 0,2 nei 2000. Perfino l’orrenda guerra civile in Siria – dice Pinker – si è limitata a riportare la cifra a dove stava nel 2000”. Tra le cause della “Lunga pace”, ovvero i settant’anni di declino della violenza dopo la Seconda guerra mondiale, Pinker indica il processo di civilizzazione occidentale che ha portato all’affermazione dei “migliori angeli” della natura umana (la ragione, l’empatia, la moralità, l’autocontrollo, il commercio) sui “demoni interiori” (violenza predatoria, dominanza, vendetta e ideologia).

Per Taleb e Cirillo quelle di Pinker sono sciocchezze, teorie non basate sui numeri ma su statistiche naïf. In uno studio appena pubblicato dalla Nobel Foundation, affermano che invece i dati dicono che “l’umanità sembra essere belligerante come sempre”. Ma numeri a parte, c’è una divergenza di fondo tra i due approcci, perché secondo i due statistici quella delle guerre è una distribuzione a “coda grassa”, ovvero con deviazioni estreme: “Vuol dire che se ci sono conflitti come la Seconda guerra mondiale che provocano decine milioni di morti – dice Cirillo al Foglio – una sola osservazione può cambiare tutto. Pinker sostiene che la violenza cala in tutte le sue manifestazioni ma basta una sola guerra distruttiva e l’affermazione non è più vera”. In questo tipo di distribuzioni, guardare al passato non è utile per predire il futuro, perché i tempi tra due eventi estremi possono essere lunghi e settant’anni di pace è un periodo breve. I due esperti in valutazione dei rischi – Taleb è autore del bestseller mondiale “Il cigno nero” che si focalizza proprio sull’impatto degli eventi rari – fanno un paragone con i mercati finanziari e con l’affermazione fatta nel 2004 dal membro del board della Fed Ben Bernanke sull’inizio della “Grande moderazione”, una fase di stabilità economica: “Anche Bernanke trovava le sue ragioni guardando al passato – dice Cirillo – ma poco dopo è arrivato il fallimento di Lehman Brothers a cambiare le cose”.

Alle critiche Pinker ha risposto che la sua è una constatazione rispetto al passato e non una previsione per il futuro e che comunque non possono essere ignorati i cambiamenti economici, istituzionali e sociali alla base di questo periodo di pace che stiamo vivendo. La speranza naturalmente è che abbia ragione Pinker, ma ciò di cui ci avvertono Taleb e Cirillo è che anche i tacchini, basandosi sulle osservazioni passate, sono convinti di vivere a lungo. Poi a Natale accade qualcosa di imprevisto. 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali