Sea Watch accusa la Marina: “Non ha salvato un gommone in difficoltà”

Secondo la ong i militari non sono intervenuti nonostante l'imbarcazione rischiasse di affondare. La replica: “Sono stati soccorsi dai libici”. Intanto i numeri dei morti in mare sono quasi uguali a quelli del 2018

Luca Gambardella

I respingimenti illegali dei migranti verso la Libia proseguono ormai a ritmi elevati e con cadenza quasi quotidiana. Oggi, circa 300 persone sono state intercettate dalle motovedette libiche a bordo di tre diverse imbarcazioni. Uno dei gommoni, che trasportava un’ottantina di migranti, è riuscito a fuggire alla cattura e a spingersi in acque internazionali prima di essere fermato dai libici. La dinamica dell’evento non è ancora chiara. Esistono due versioni su come la cosiddetta “Guardia costiera” di Tripoli abbia intercettato il barcone, quella dell’ong tedesca Sea Watch e quella della Marina militare italiana. Il barcone è stato localizzato da Moonbird, un aereo da ricognizione usato dalla ong per monitorare gli attraversamenti del Mediterraneo. “Successivi avvistamenti hanno potuto confermare come uno dei tubolari del gommone fosse sgonfio e come, in acqua ed aggrappate a esso, ci fossero alcune persone”, ha detto Sea Watch. “Vicino a questo gommone si trovava la nave della Marina Militare Italiana P492 Comandante Bettica. L'aereo di Sea Watch ha provato diverse volte a contattare la nave militare inizialmente senza risposta. Dopo aver inviato un messaggio di Mayday Relay, l'aereo è riuscito a comunicare con la nave militare che ha informato l'equipaggio che una motovedetta libica stava per intervenire”. Dall'aereo è stato girato un video, che pubblichiamo in questa pagina.

 

 

Che i migranti si trovassero in una chiara situazione di emergenza lo conferma anche AlarmPhone, la piattaforma che raccoglie le chiamate di aiuto dei migranti che prendono il mare. “Ultimo contatto con la barca alle 15.21 CEST. Panico e urla a bordo perché continuava ad entrare acqua. Moonbird ha annunciato di aver avvistato la barca e di aver mandato un Mayday Relay”, ha scritto su Twitter AlarmPhone. “Prima di tornare alla base per rifornimenti – conclude l’ong – l’aereo di Sea Watch è riuscito ad avvistare la motovedetta libica ‘658/Fezzan’ mentre recuperava dall'acqua le persone cadute dal gommone e quelle rimaste a bordo”.

  

 

La nostra Marina non ha ancora fornito una sua versione ufficiale della dinamica dei fatti. Finora c’è solo un tweet che ridimensiona le accuse dell’ong: “Nave Bettica a 80 km invia proprio elicottero in zona per supporto. Con elicottero in zona ha constatato avvenuto recupero migranti da motovedetta libica in zona sar libica”. A differenza di quanto sostenuto da Sea Watch, secondo la Marina, Nave Bettica si trovava distante dal gommone in difficoltà. Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, esulta sui social: “200 clandestini su due gommoni recuperati dalla Guardia Costiera Libica, altri due in navigazione verso Nord. Chi parla di ‘porti aperti’ aiuta scafisti e condanna a morte persone, col voto alla Lega domenica garanzia di porti chiusi non solo in Italia ma in tutta Europa!”.

 

 

All’entusiasmo del ministro si contrappongono però nuove statistiche drammatiche sui morti nel Mediterraneo, che smentiscono l’efficacia della strategia del Viminale, quella dell’equazione meno partenze uguale meno morti in mare. Il progetto Missing Migrants, finanziato dalle Nazioni Unite tramite l’Organizzazione internazionale per le Migrazioni (Oim) racconta una realtà molto diversa. Nonostante la forte diminuzione delle partenze dalla Libia, la proporzione tra i morti e i tentativi di attraversamento del Mediterraneo centrale è impietosa: il tasso di mortalità nel periodo compreso tra gennaio e maggio 2018 era 1,7 per cento, ovvero 384 morti su 22.401 tentativi. Nel 2019 il rapporto è salito all’8,8 per cento, cioè 316 morti su 3.602 tentativi di attraversamento. In altri termini, se nel 2018 moriva un migrante ogni 58 che partivano, nei primi 5 mesi del 2019 ne muore uno ogni 11. Sono dati approssimati per difetto, dato il vuoto informativo su quanto avviene al largo della Libia, che confermano come i porti chiusi (che in realtà restano aperti) e l’obiettivo delle partenze zero dalle coste libiche (da dove invece i migranti continuano a imbarcarsi) non sono altro che fake news.

 

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.