Un gruppo di senegalesi manifestano la propria rabbia a Firenze

A Firenze sputi, insulti e proteste contro il razzismo (che non si vede)

Giulio Gori

Cortei e rabbia per l'omicidio del senegalese Idy Diene. Il sindaco Nardella aggredito da militanti dell’estrema sinistra: "Vattene!"

Firenze. In macchina, accanto a una distesa di peluche, ha appeso un nastro con il simbolo della pace. È di religione buddista, gli amici assicurano che "è di sinistra". Roberto Pirrone, 65 anni, è l’uomo che lunedì a mezzogiorno ha sparato e ucciso il senegalese Idy Diene sul ponte Vespucci, nel pieno centro storico di Firenze. Sei colpi, apparentemente senza un motivo. Pirrone non ha il profilo del militante di estrema destra, non aveva mai dato prova di sentimenti razzisti, non sembra aver nulla a che vedere con i precedenti di Firenze, quando nel 2011 un simpatizzante di CasaPound uccise a freddo due senegalesi, e di Macerata, quando un mese fa un estremista di destra ha tentato di fare una strage di stranieri. Eppure ha sparato e ha ucciso.

 

L’assassino

  

Pirrone, subito fermato e arrestato, confessa di essere strozzato dai debiti. A casa sua, in viale Aleardi, la polizia ritrova un biglietto in cui spiegava alla figlia l’intenzione di suicidarsi a causa di un debito contratto con una società finanziaria. Pirrone esce di casa lunedì mattina con l’intenzione di spararsi con una pistola regolarmente detenuta per uso sportivo. Ma non ha il coraggio di ammazzarsi: "Meglio andare in galera che tornare a casa", dice agli inquirenti. Così, dopo aver camminato a lungo, una volta sul ponte Vespucci tira fuori la pistola, la punta contro una donna con una bimba in braccio, ma ha un tentennamento (così racconta nell’immediatezza dell’arresto). Si volta quindi verso un ambulante africano di passaggio e gli scarica sei colpi addosso. Roberto Pirrone è un ex tipografo in pensione che vive da più di quarant’anni in una casa popolare dell’Oltrarno, un quartiere del centro storico simbolo della fiorentinità che ha toccato solo marginalmente i problemi di convivenza con gli immigrati tipici delle periferie. I vicini parlano di un uomo molto schivo, con un carattere spigoloso, ma tranquillo, senza vizi. E la sua passione per le armi, due fucili e tre pistole detenute per uso sportivo, non sembrava creare preoccupazioni: "È un hobby come un altro – raccontava lui – c’è chi va a pregare e chi si droga...".

 

 

La vittima

 

Il senegalese Idy Diene, 54 anni, era conosciuto a Firenze. Era in Italia da 17 anni, con un regolare permesso di soggiorno, e in Oltrarno era entrato nelle simpatie di molti residenti e commercianti, anche perché, pur facendo l’ambulante abusivo di fazzoletti, accendini e ombrelli, non era tipo da insistere per piazzare un prodotto. Anzi, capitava spesso che alle donne regalasse una rosa senza chiedere nulla in cambio. Lunedì a mezzogiorno, quando viene assassinato, è sul ponte Vespucci per vendere qualche ombrello ai turisti sotto la pioggia. Nella comunità senegalese di Firenze Idy era conosciuto come "il saggio": aveva qualche anno in più di molti connazionali in città, ed era diventato un simbolo da quando, il 13 dicembre 2011, suo cugino Samb fu assassinato dal neo fascista Gianluca Casseri in piazza Dalmazia a Firenze. Idy si era occupato di tutte le incombenze per il rimpatrio della salma e per questo aveva avuto frequenti rapporti con l’amministrazione comunale fiorentina. Da allora si era legato a Rokhaya, la vedova di Samb. Idy viveva a Pontedera, ma spesso dormiva da lei a Firenze, la aiutava quando era in difficoltà. Per la donna, lunedì, è stato quasi come rimanere vedova per la seconda volta.

 

La reazione dei senegalesi

 

Lunedì pomeriggio, una trentina di senegalesi occupa ponte Vespucci per protesta, bloccando il traffico. Urlano "basta razzismo", ricordando anche le due vittime di piazza Dalmazia: "Siamo stanchi di essere uccisi dai razzisti". Piano piano, il numero di manifestanti aumenta. Sul ponte arriva l’ex consigliere comunale di Rifondazione, Pape Diaw, storico portavoce della comunità, fomentando la rabbia: "Non voglio sentire parlare di un pazzo fuori di testa. Quello che ha sparato è un razzista. Sarà guerra in questo paese...". Nessuna autorità cittadina si fa vedere sul ponte Vespucci a portare solidarietà ai senegalesi, che alle cinque di pomeriggio partono in corteo per le vie del centro. L’assessore al Sociale, Sara Funaro, a quel punto arriva alla manifestazione, mentre il sindaco Dario Nardella riceve una delegazione quando il corteo entra in piazza della Signoria. Ma ormai la rabbia è esplosa. I senegalesi imboccano via Calzaiuoli, una delle strade dei negozi di lusso del centro città, e con le lacrime agli occhi iniziano a spaccare vasi, a prendere a calci transenne. La manifestazione si ferma in piazza Stazione, ci sono più di cento persone, transenne che volano, auto bloccate, senegalesi che piangono e altri che sfogano la rabbia. L’imam di Firenze, il palestinese Izzedin Elzir, cerca invano di calmare gli animi, mentre militanti dell’estrema sinistra fiorentina invitano la comunità senegalese a continuare la protesta contro la polizia. Per ore, la stazione di Santa Maria Novella resta sotto scacco. E quando le notizie arrivano a confermare che Pirrone non è un militante di estrema destra, non è un razzista conclamato, la rabbia non si placa, anzi: "È persino peggio – spiega un giovane manifestante – Vuol dire che decidere di ammazzare uno di noi è diventato normale. Neanche un animale, neanche un gatto lo trattate così. Ci sono tanti italiani che non sono razzisti, per tanti altri noi siamo pari a niente".

 

Lo sputo al sindaco

 

Lunedì sera, attraverso i social network, Pape Diaw abbassa i toni e annuncia un presidio sul ponte Vespucci per martedì e una manifestazione per sabato prossimo. Alle tre di martedì pomeriggio, al presidio arriva anche il sindaco Nardella in mezzo a trecento persone. La sera prima aveva preso le distanze dalle proteste: "Comprendiamo il dolore, ma qualunque forma di violenza contro la città è inaccettabile". Il clima è teso, l’accoglienza al sindaco sul ponte Vespucci è molto dura, malgrado sia stato invitato dagli stessi organizzatori. Partono gli spintoni, "Nardella vattene!", arrivano insulti da parte di alcuni senegalesi e uno sputo da un antagonista fiorentino. Il sindaco si sottrae al tafferuglio con l’intervento della Digos e dei carabinieri, si allontana: "La storia di Firenze è la storia del dialogo – dice – Mi allontano perché non voglio diventare elemento di provocazione. La città ha il dovere di difendere i principi della democrazia e della convivenza civile. Capiamo la rabbia per la morte di un amico, subito la città ha espresso il proprio cordoglio, ma non possiamo accettare la violenza".

Di più su questi argomenti: