Cistrerna di Latina (LT), i rilievi dei carabinieri nel garage dove Luigi Capasso ha sparato alla moglie

Il massacro di Latina e le nostre vuote parole sui social

Enrico Cicchetti

Il "delitto assurdo" di Luigi Capasso che ha sparato alla moglie, poi si è barricato in casa, ha ucciso le figlie e si è suicidato. Sulla sua bacheca Facebook il grottesco del bar sport si fa cartellone pubblicitario

Questa mattina all’alba, Luigi Capasso, appuntato 44enne in servizio a Velletri, è andato a Cisterna di Latina a casa della moglie, Antonietta Gargiulo, dalla quale si stava separando. L’ha trovata in garage, alle prese con la macchina, il freddo, il lavoro. Le ha sparato tre colpi con l’arma d’ordinanza e l’ha lasciata in fin di vita. Poi è salito in casa, ha ucciso le figlie di 8 e 12 anni ed è rimasto per ore barricato nell'appartamento. Alla fine si è suicidato. A scoprire i corpi sono state i carabinieri che, intorno alle due e mezza di pomeriggio, hanno fatto irruzione nell'appartamento, dopo che le trattative si erano interrotte almeno da un'ora. Antonietta Gargiulo, 39 anni, è stata trasportata in elicottero al San Camillo di Roma, dove è ricoverata in gravissime condizioni e in prognosi riservata. "Abbiamo sentito gli spari e ci siamo affacciati", ha raccontato ai giornalisti una vicina. "La signora era a terra cosciente. Ci ha detto che era stato il marito e che temeva per le figlie. Abbiamo chiamato aiuto".

   

"La situazione tra la coppia era tesa", ha spiegato l'avvocato della donna, Maria Belli, "e si era aggravata quando a settembre lui l'ha aggredita davanti alla Findus", dove lei lavora, "e in precedenza anche a casa davanti alle figlie". Luigi Capasso "la seguiva, la stalkerava – ha aggiunto la legale - cercava di incontrarla, ma lei ha sempre rifiutato tutti gli incontri. Anche quando lui ha svuotato il conto corrente comune e ha detto che le avrebbe ridato i soldi solo se lo avesse incontrato. È sempre stata attentissima, molto prudente".

    

Prima di togliersi la vita, mentre i negoziatori erano al lavoro, il profilo Facebook del carabiniere non era ancora stato oscurato. Sulla sua bacheca si è riversato il solito tam tam di insulti, moralismi incrociati, preghiere.

   

A volte quando non si hanno parole, capita di cercare quelle di altri, più degni, più profondi. Le parole che Fëdor Dostoevskij mette in bocca al principe Šč nell’Idiota si fanno strada dall’ippocampo e si adattano a quel vuoto provocato dalla cronaca. “Delitti assurdi? Ma io le assicuro che delitti come questi, e forse ancor più spaventosi, ne venivano commessi anche prima, e sempre ne sono stati commessi, e non solo da noi, ma dovunque, e, secondo me, fatti del genere si ripeteranno ancora per molto tempo. La differenza sta nel fatto che da noi prima c'era meno trasparenza, mentre ora di queste cose se ne parla ad alta voce e anche se ne scrive, e per questo può sembrare che delinquenti di questo genere siano comparsi da noi soltanto adesso”.

   

Prima c’era meno trasparenza, dice il principe Šč, ora se ne parla, se ne scrive. Ora era il 1869. Oggi invece trasparenza significa diretta live col telefonino, bacheche aperte e post in evidenza. Significa avere modo di interagire, almeno di sguincio, nella storia, nelle storie. E l’interazione è la stessa di prima: la preghiera, la bestemmia, la pancia. Ma forse siamo ancora impreparati all'epoca in cui viviamo. Perché un conto è giudicare quanto succede nel mondo nel circolo di amici, sul tram. Altro è farlo nell’arena dei social. Così i post “buongiornisti” e le “frasi del giorno”, che Capasso pubblicava nel suo spazio pubblico/privato, tutte le stupidaggini della sua vita quotidiana, diventano chiare premonizioni, indizi ex-post, “già si capiva come sarebbe andata a finire”. Vale tutto. Ogni sua foto condivisa diventa strumento di assalto, con commenti avvelenati, quasi tutti uguali. Comprensibili, per carità, ma sterili, inutili, tanto più se post-mortem. Suona strano guardarli, per la capacità che abbiamo di sentire – con un click – la rabbia frustrata di tutti, sfogliarla, condividerla e metterci accanto una faccina che piange o che sbuffa. E’ il grottesco del bar sport che si fa cartellone pubblicitario. Strano e frustrante anche il fatto che ci siano pochi messaggi per Antonietta, la moglie assalita dal carabiniere. Ma pure quelli non servirebbero a niente.

  

A volte quando non si hanno parole, è meglio rivolgersi a chi ce ne ha. E di migliori. Kurt Vonnegut ha scritto: “Non c’è niente di intelligente da dire a proposito di un massacro”.

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