Un blindato dell'Esercito su via dei Fori Imperiali (foto LaPresse)

I tre tipi di attentati dell'Isis che spiegano quanto l'Italia è in pericolo

Alessandro Orsini*

Ci sono gli attacchi decisi e organizzati dai capi dello Stato islamico, quelli dei lupi solitari e quelli delle microcellule autonome composte da jihadisti privi di addestramento. Ecco perché il nostro paese non è ancora stato colpito

L’Italia non è mai stata colpita da un attentato dell’Isis. Per comprendere la ragione, occorre sapere che gli attentati contro le città europee si dividono in tre categorie. Alla prima categoria appartengono gli attentati decisi e organizzati dai capi dello Stato islamico che sono anche i più letali in termini di vite umane. L’esempio è la strage di Parigi del 13 novembre 2015, in cui nove jihadisti causarono 130 morti. Alla seconda categoria appartengono gli attentati dei lupi solitari che, con l’eccezione della strage di Nizza del 14 luglio 2016, tendono a causare un numero di morti relativamente basso. L’esempio è l’attentato di Westminster del 22 marzo 2017, in cui Khalid Masood uccise quattro pedoni e un poliziotto. Alla terza categoria appartengono gli attentati delle microcellule autonome composte da jihadisti privi di addestramento, come quelli di Barcellona e di Cambrils che, in dodici, hanno provocato soltanto 14 morti.

 

Dal momento che gli attentati pianificati dai vertici dello Stato islamico sono i più devastanti, è urgente comprendere quale sia la logica con cui scelgono i bersagli, che può essere riassunta come segue: “Colpiamo coloro che ci colpiscono”. I capi dell’Isis hanno risorse scarse ed è per loro quasi impossibile realizzare un attentato complesso come quello di Parigi, come dimostra il fatto che non sono mai riusciti a ripeterlo. Ne consegue che i capi dell’Isis preferiscono investire le loro poche risorse per colpire i paesi europei da cui sono maggiormente colpiti. I vertici dell’Isis hanno così sviluppato una gerarchia dell’odio jihadista che pone i paesi europei su un podio a quattro scalini. I paesi europei più odiati sono quelli che bombardano le roccaforti dell’Isis in Siria e in Iraq ovvero Francia, Inghilterra, Belgio, Olanda e Danimarca. Sul secondo gradino si trovano gli Stati che inviano i propri soldati a ingaggiare il corpo a corpo con i militanti dello Stato islamico ovvero Turchia e Iran. Sul terzo gradino siedono i paesi che si limitano a inviare i propri soldati a presidiare alcune strutture di pubblica utilità e ad addestrare i curdi al combattimento. E’ il caso dell’Italia che protegge la diga di Mosul e addestra i combattenti curdi, ma non ha mai sparato un solo proiettile contro i militanti dell’Isis. Sul quarto gradino, vi sono quei paesi europei che, pur facendo parte della coalizione anti-Isis, in realtà, non fanno niente.

 

Se potessero, i capi dell’Isis realizzerebbero un attentato al giorno in tutte le città europee, ma non possono perché hanno risorse scarsissime. E così, dovendo scegliere, spendono i propri denari per colpire soprattutto la Francia e l’Inghilterra che sono i paesi europei più impegnati nella lotta frontale contro l’Isis.

 

La prima obiezione è che la Germania non bombarda le postazioni dell’Isis eppure è stata bersagliata dai suoi militanti. L’obiezione non è pertinente. Il parlamento tedesco, in data 5 dicembre 2015, ha autorizzato l’invio di mille soldati in Siria in sostegno dei soldati francesi, a cui ha aggiunto anche una portaerei e alcuni aerei da rifornimento e da ricognizione che assistono i caccia francesi. È soltanto a partire dal 5 dicembre 2015 che i capi dell’Isis hanno ordinato ai propri militanti di scatenarsi contro la Germania per punire il sostegno alla Francia. I capi dell’Isis non hanno mai pianificato un attentato contro l’Italia. Tuttavia, se l’Italia decidesse di bombardare le postazioni dell’Isis, scalerebbe tutte le posizioni della gerarchia dell’odio jihadista, passando dal terzo al primo posto.

 

La seconda obiezione è che ci sono Paesi europei che, come la Spagna o la Svezia, hanno subito attentati, pur non essendo in cima alla gerarchia dell’odio jihadista. E’ la tipica obiezione di chi non tiene conto della classificazione degli attentati dell’Isis. E’, infatti, sbagliato inserire tutti gli attentati in un solo calderone. Gli attentati dei lupi solitari e delle microcellule autonome sono diversi dagli attentati pianificati dai capi dell’Isis. I lupi solitari e le microcellule autonome possono colpire qualunque paese europeo, come dimostra il caso della Finlandia che, il 18 agosto 2017, è stata colpita da un lupo solitario che poi era un immigrato marocchino al quale era stato negato asilo politico. Se un lupo solitario colpisse l’Italia, i capi dell’Isis rivendicherebbero, ma questo non significherebbe che hanno pianificato l’attentato.

 

Una volta chiarito che gli attentati riconducibili all’Isis sono di tre tipi, è più agevole comprendere che non esiste una sola ricetta per evitare gli attentati. Se vogliamo evitare che i capi dell’Isis investano le loro risorse per colpirci, dobbiamo astenerci dal bombardare le loro roccaforti. E’, dunque, un problema di politica estera. Se, invece, vogliamo evitare gli attentati dei lupi solitari e delle microcellule che si attivano in modo autonomo, dobbiamo investire nelle forze di sicurezza.

 

In sintesi, l’Italia non è stata colpita dagli attentati pianificati dai capi dell’Isis perché i capi del’Isis non sono mai stati colpiti dall’Italia. Quanto ai lupi solitari e alle microcellule autonome, l’Italia si è salvata perché, almeno finora, i musulmani che aderiscono al messaggio dell’Isis sono pochissimi e per lo più sprovveduti. Non ricevendo alcun addestramento, tendono a commettere errori grossolani che li rendono facilmente individuabili dalla polizia.

 

*Direttore dell’Osservatorio sulla Sicurezza Internazionale della LUISS