I pompieri-incendiari in Sicilia sono anche un prodotto di incentivi perversi

Luciano Capone

Spegnere gli incendi a cottimo può mandare in fiamme l'Italia

Roma. La cosa interessante dell’indagine a Ragusa a carico della di un gruppo di persone accusate di aver appiccato incendi non è tanto che gli indagati siano una squadra di volontari dei Vigili del fuoco che agiva per tornaconto personale. Più che di una notizia clamorosa si tratta della conferma di quella che sembrava solo una leggenda metropolitana e che invece è spesso una realtà: l’esorbitante numero di forestali e pompieri in alcune regioni italiane non è solo una conseguenza dei tanti incendi, ma in molti casi la causa. E non è neppure sorprendente che, da un monitoraggio sul social network, il caposquadra arrestato era un tipo che intasava la propria pagina Facebook di post di Beppe Grillo, discorsi di Di Battista e insulti ai politici disonesti. Nessuno crede che la gente che si riempie la bocca di “benecomune” e le bacheche di “o-ne-stà” sia poi tanto diversa o meno ipocrita della casta degli anti-casta che la rappresenta in Parlamento.

 

Ciò che è più sorprendente in questa vicenda è il contratto con cui vengono retribuiti i volontari dei Vigili del fuoco: percepiscono 10 euro all’ora di indennità e soltanto se escono per un intervento. Se non ci sono chiamate: zero euro. Si tratta di un metodo pensato come un rimborso per persone che fanno volontariato, ma che in un contesto con scarso capitale sociale si trasforma in un incentivo perverso. E infatti i presunti pompieri-incendiari sono stati scoperti proprio a causa dell’eccessiva “produttività”.

 

La storia è piena di casi simili. Quando a inizio Novecento l’amministrazione coloniale francese a Hanoi decise di ripulire la città dall’infestazione di ratti pensò di mettere una piccola taglia per ogni topo ucciso. Ben presto i francesi si resero conto che in giro i topi aumentavano: per prendere il sussidio i vietnamiti avevano messo su degli allevamenti. Nell’800 i paleontologi che si recavano in Cina pagavano i contadini del posto per ogni frammento osseo di dinosauro che riuscivano a recuperare, ma solo dopo un po’ di tempo si accorsero che i cinesi quando trovavano grandi ossa le fracassavano per fare più soldi. Più tragica è la storia degli “orfani di Duplessis”, dal nome del premier del Québec, in Canada, che aveva disegnato un sistema di sussidi per gli orfanotrofi da 70 cent al giorno per orfano e da 2,25 dollari per i pazienti delle cliniche psichiatriche: migliaia di bambini sani furono spediti negli ospedali psichiatrici per intascare più soldi.

È importante punire chi trasgredisce le regole, ma anche ripensarle quando mostrano di essere controproducenti.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali