La Polizia ha arrestato un tunisino sospettato di avere legami con Ansar al Sharia

Redazione

Hmidi Saber era già in carcere per altri reati. Violento e con legami forti col jihad in Tunisia e in Siria, si è radicalizzato su internet

Un tunisino 34enne di nome Hmidi Saber, già detenuto per altri reati minori, è stato arrestato oggi dalla polizia per aver fatto proseliti in carcere e arruolare nuovi adepti del jihad. Per anni, Saber ha vagato da un carcere italiano all'altro, trasferito sempre per motivi di sicurezza per il suo comportamento pericoloso e violento.


Saber si è radicalizzato nello stesso modo di tanti altri foreign fighter dello Stato islamico: propaganda estremista su internet e contatti con altri detenuti radicalizzati in carcere. Gli inquirenti, nel corso della conferenza stampa di stamattina, hanno detto che l'uomo è legato ad Ansar al Sharia (significa letteralmente "i seguaci della legge di Allah"), un gruppo terroristico jihadista molto attivo in Tunisia dal 2011. In Tunisia Ansar al Sharia è uno dei pochi gruppi jihadisti che sostiene sia lo Stato islamico sia al Qaida. Saber è ben radicato nel gruppo jihadista; lo dimostrano le intercettazioni con cui gli inquirenti hanno scoperto che il tunisino conosceva personalmente uno dei leader di Ansar al Sharia, Zarrouk Kamal, ucciso nella roccaforte dello Stato islamico di Raqqa, in Siria, nel 2015.


In carcere l'uomo custodiva la bandiera nera del gruppo terroristico, molto simile a quella di altri gruppi terroristici, come quello dello Stato islamico e di al Shabaab. Secondo gli inquirenti, Saber era anche pronto a recarsi in Libia per unirsi al jihad.


Del tunisino si sa che è sposato con un'italiana convertita all'islam dalla quale ha avuto una figlia. Finì in carcere la prima volta il 9 novembre 2014, quando fu fermato per un controllo mentre guidava la sua automobile in compagnia di un'altra persona. Gli agenti trovarono nella sua auto una bomboletta spray anti aggressione, un passamontagna e un paio di guanti in lattice. Alla richiesta di spiegazioni, il tunisino impugnò la pistola e dopo una collutazione con gli agenti riuscì a fuggire con l'altro straniero (un marocchino immigrato illegalmente in Italia e ancora in fuga). In casa di Saber gli agenti trovarono 33 telefoni cellulari, otto pc portatili, due iPad e una bandiera nera. Saber fu arrestato il giorno dopo per i reati di detenzione e porto illegale di arma da sparo, ricettazione, lesioni aggravate e resistenza a pubblico ufficiale, ed è stato condannato a 3 anni e 8 mesi di reclusione.


Da allora il tunisino ha girato le carceri di mezza Italia, sempre trasferito per motivi di sicurezza e per il suo comportamento violento nei confronti degli altri detenuti. Una volta uscito dal carcere di Velletri, Saber aveva iniziato a frequentare le moschee con maggiore assiduità fino a entrare in contatto con altri membri tunisini di Ansar al Sharia. Sempre secondo gli inquirenti, Saber trascorreva molte ore a guardare i video propagandistici dell'Isis finché, nel febbraio del 2015, il giovane si è messo a capo di un gruppo di preghiera in carcere. In realtà il gruppetto di tunisini perpetrava anche azioni violente e pestaggi nei confronti degli altri detenuti. Capitò a Civitavecchia, a Salerno, a Frosinone e infine nel carcere di Napoli, dove Saber aggredì un un nigeriano di fede cristiana e minacciò gli agenti dicendo che avrebbe tagliato loro la testa.

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