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Eredità Agnelli, il gip forza l'accusa: John Elkann verso il processo

Respinta l’archiviazione chiesta dalla procura sul caso della residenza fiscale di Marella Caracciolo. Le difese annunciano ricorso. Archiviati Lapo e Ginevra Elkann

Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino ha respinto la richiesta di archiviazione della procura e ha disposto la cosiddetta “imputazione coatta” per John Elkann in relazione a due capi d’accusa nell’ambito di un procedimento penale che ruota attorno alla residenza fiscale della nonna, Marella Caracciolo, moglie di Gianni Agnelli e figura centrale dell’asse ereditario familiare: secondo la procura di Torino, la residenza in Svizzera di Caracciolo sarebbe stata simulata per evadere il fisco italiano sui beni ereditari. La procura aveva chiesto l’archiviazione per quei reati, ma il gip ha ritenuto invece che debbano essere formulate accuse più precise. Questo significa che Elkann, pur non essendo formalmente rinviato a giudizio, potrebbe presto affrontare un processo penale.

Parallelamente, per il reato di truffa ai danni dello stato, un altro giudice sta valutando una proposta di “messa alla prova” (una forma di sospensione del procedimento con obblighi o attività sociali) per il presidente di Stellantis, ma la procedura non può avere il via libera se l'indagato è oggetto di un altro procedimento penale. Il gip ha rinviato tutto a febbraio in attesa di capire se il nipote dell'Avvocato, che ha già pagato 183 milioni di euro all'Agenzia dell'entrate per la vicenda, finirà a processo.

Il gip ha archiviato le posizioni di Lapo e Ginevra Elkann e del notaio svizzero Urs Robert von Grüningen, mentre ha ordinato l’imputazione coatta anche per il commercialista Gian Luca Ferrero

"La decisione di imporre al pm di formulare l'imputazione per John Elkann è difficile da comprendere, perché in contrasto con le richieste dei pubblici ministeri, che erano solide e ben argomentate per tutti i nostri assistiti", dichiarano gli avvocati di John Elkann, i quali annunciano che contro l'ordinanza del gip depositeranno ricorso per Cassazione eccependone l'abnormità. 

 

Eredità Agnelli, un dossier giudiziario complesso

L’indagine prende le mosse da un esposto di Margherita Agnelli, figlia di Marella e dell’Avvocato, che contesta l’effettiva residenza svizzera attribuita alla madre negli anni recenti della sua vita, sostenendo che fosse invece stabilmente in Italia e quindi soggetta a tassazione italiana su redditi e successione. Secondo l’accusa, ciò avrebbe determinato una evasione fiscale di decine di milioni di euro: tra imposte sui redditi non versate sulla rendita vitalizia e tasse di successione, l’Irpef evasa ricostruita dai finanzieri ammonterebbe a oltre 40 milioni di euro solo tra il 2015 e il 2019. In quest’ambito, la procura aveva ottenuto in precedenza sequestri preventivi di beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie per circa 74,8 milioni di euro nei confronti di John, Lapo e Ginevra Elkann e di altri soggetti indagati, nell’ambito della più ampia indagine sull’eredità Agnelli. 

Le difese hanno più volte respinto ogni accusa di "patrimonio occulto" o di irregolarità, sostenendo che la residenza elvetica di Marella fosse autentica e che tutte le obbligazioni fiscali fossero state rispettate secondo la normativa vigente.

La vicenda giudiziaria comprende più filoni: accuse penali legate alla presunta frode fiscale e alla residenza fittizia di Marella Caracciolo; cause civili derivanti dalla battaglia di Margherita Agnelli contro i suoi figli per la divisione e il valore dell’asse ereditario e infine le procedure di sequestro e riesame che hanno animato la cronaca negli ultimi anni, con decisioni contrastanti tra gip, tribunale del Riesame e Cassazione. Solo di recente si è discusso anche di accordi per chiudere parte delle questioni penali, fra cui proposte di messa alla prova e, secondo alcuni reportage internazionali, l’impegno di Elkann a eseguire servizi sociali e il pagamento di somme ingenti al fisco (anche se tali intese sono subordinate all’approvazione del giudice e non costituiscono ammissione di colpa). 

 

Come funziona lo strumento dell’imputazione coatta

L’imputazione coatta è uno strumento previsto dal diritto processuale penale italiano che scatta quando un giudice ritiene non corretta o insufficiente la richiesta di archiviazione presentata dalla procura. In base a specifiche norme di procedura, il gip può sostituirsi alla procura e ordinare che vengano formulate ipotesi accusatorie formali (ossia una vera imputazione). Tecnicamente non si tratta di un rinvio a giudizio automatico, ma è prassi consolidata che un’ordinanza di imputazione coatta porti nel giro di poche settimane o mesi a un vero processo, perché il nuovo atto accusatorio induce la procura a chiedere il rinvio a giudizio. A quel punto un nuovo gup fisserà l’udienza preliminare, durante la quale si discuterà la prosecuzione del processo, eventuali patteggiamenti, il rito abbreviato o addirittura le assoluzioni. In sostanza, l’imputazione coatta serve come controllo giurisdizionale sulla decisione di archiviare: se il giudice ritiene che ci siano profili di rilevanza penale sufficienti, può forzare la procura a formulare accuse e ad avviare il procedimento giudiziario

 

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