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#rubinettiaperti, ossia l'ultima moda mainstream di chi critica il pensiero dominante

Andrea Trapani

L'hashtag è l’ultima frontiera dove si possono trovare i neonati “negazionisti dell’emergenza idrica”. Una campagna che, da potenziale ‘trollata’, è diventata il manifesto del pensiero contrario al potere costituito

“L’ultima, fantastica, trollata dei ‘mattonisti’ è la falsa campagna #rubinettiaperti che da stamani sta facendo andare fuori di testa i cerebrolessi [sic] di sinistra [...]. Quelli che lavandosi poco non riescono più a distinguere l’ironia dalla realtà”, scrive un utente su Twitter. Peccato che si stia parlando di una profezia che si è autoavverata. Innanzitutto, volenti o nolenti, non è più falsa.

  

Distinguere l’ironia dalla realtà richiede una serie di capacità sociali che non sono nel bagaglio culturale di tutti noi. Quindi, ammesso e concesso che la campagna sia davvero nata come una “trollata”, i risultati – come spesso accade – sono scappati dal controllo degli ideatori. Non serve fare una ricerca così approfondita per notare come, dietro a questo hashtag di tendenza, ci sia chi lo sta portando avanti tanto convintamente perfino da negare l’evidenza commentando lo stato del fiume Po ripreso dall’alto.

   

  

Le nicchie social che sfidano il “pensiero unico”

Un passo indietro. Una presenza costante in questo hashtag, come di altre posizioni contro il “potere costituito” (cioé, quello dei liberal) e contro i media (pressoché tutti), è la presenza di un mattoncino nel profilo Twitter di chi scrive. Niente di strano, almeno non troppo. Nel pieno diritto della libertà di opinione, molti di questi utenti usano questa emoji per portare avanti una filosofia vicina allo shitposting, utilizzando un modo di comunicare che cerca di far deragliare il “pensiero unico” sulle tematiche di tendenza. Non a caso, passata di moda l’emergenza pandemica, nonché l’obbligo vaccinale, alcune sotto-tribù del pensiero dissidente si sono spostate prima sulla guerra in Ucraina (sposando, spesso in toto, la narrazione filorussa) e, da qualche giorno, proprio sull’emergenza idrica che attanaglia il nostro paese.

   

Con buona probabilità #rubinettiaperti è nato con la volontà di postare contenuti che facessero arrabbiare chi ne leggesse i contenuti, in realtà è diventato una specie di metaverso del pensiero. Alla fine sono usciti allo scoperto quelli che possiamo semplicemente etichettare come “i negazionisti della siccità”.

 

Perché negare l’emergenza idrica? Per essere “premiati”

Se li avete visti apparire nelle vostre timeline, avrete probabilmente notato che i protagonisti sono (ancora una volta) quei vostri amici che solitamente condividono qualunque cosa che vada contro il mainstream. Certo, c’è una chiara contraddizione in tutto questo. Usare uno strumento che è diventato una specie di nuovo potere, probabilmente più forte anche di quello politico e mediatico che combattono, sembra un paradosso ma non lo è per loro. Anzi.

Facciamo un passo avanti stavolta: essere arrivati a dare internet a tutti è un successo di quest’epoca, a prescindere dalle esternalità negative che registriamo ogni giorno.

Il vero vulnus di questo processo è esserci arrivati senza dare la consapevolezza di utilizzarlo e di comprendere i (complessi) meccanismi della comunicazione. C’è da restare tranquilli comunque: se un giorno il tema su cui ribaltare il “pensiero dominante” è il coronavirus, quello dopo la guerra e infine la siccità, significa che coloro che combattono questa narrazione, alla fin fine, sono più mainstream di coloro che attaccano.

Ci sarà sempre spazio per le opinioni, specie quelle che vengono apprezzate dalla propria nicchia di appartenenza. Gli schemi cerebrali del piacere assuefacente e della ricompensa – la "piccola dose di dopamina" di cui parla Sean Parker, il primo presidente di Facebook – sono alla base della dipendenza dai social media, ma non finisce qui, perché i social media usano anche la punizione e il rinforzo negativo. Quando usi i social media ricevi l’equivalente dei premi e delle scosse elettriche, tutti e due insieme. Peccato che ricevere pareri negativi o attacchi da coloro che si odiano è una doppia affermazione della propria opinione “contro tutti”. Per eterogenesi dei fini diventa una sorta di un secondo premio che si somma al primo vero obiettivo, ovvero far crescere la propria popolarità nell’universo alternativo delle opinioni “scomode”.

  

“Don’t feed the troll!”

Certo, una forma di resistenza a tutto ciò che viene dalla comunicazione scientifica deve far riflettere tutti noi. Potremmo farlo evitando di replicare alle scempiaggini: se qualcuno scrive ai propri 24.000 (e più) follower che “il governo crea nuove emergenze per mantenere nell’esecutivo il potere legislativo al fine di smantellare in modo arbitrario i residui della democrazia e i diritti dei cittadini” non è obbligatorio alimentarne la discussione.

La formazione dei cittadini, anche quelli più coscienziosi, non passa certo da Twitter. Anzi. Se da una parte appare evidente come la politica degli ultimi anni abbia tradito le aspettative di quell’Italia più radicalizzata contro le scelte governative, dall’altro lasciamo loro lo sfizio di sfogarsi online. La forza di questa protesta alla fine si scontra con il suo limite intrinseco, ovvero essere confinati in un giardino virtuale in mano ad account che raramente poi riscontrano un successo elettorale con i cosiddetti movimenti single-issue.

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