Così Roma si prepara ad accogliere gli ucraini
Già oggi attesi i primi pullman, ma è per sabato che si prevedono numeri più importanti. Chi è arrivato racconta file di tre giorni per varcare il confine
L’arrivo, quello imponente, a Roma è previsto per sabato. Non c’è un numero preciso. “Vedremo in quanti riusciranno a superare le frontiera”, ride amaramente il guardiano del centro dell’associazione cristiana Italo-ucraina dove da giorni più che arrivare, per adesso, i pullman partono in direzione est, carichi di viveri, farmaci, parenti che non vogliono lasciare sole le loro famiglia e uomini pronti ad andare in guerra per il loro Paese. L’ultimo questa mattina, ma anche nel pomeriggio van più piccoli, nove posti, hanno imboccato la via per l’Ucraina. Come quello guidato da Sergio, ucraino di 40 anni che spiega: “Prendo altre persone tra Piacenza e Milano e li porto in Ucraina, andiamo a combattere”. Qualche pullman però comincia a vedersi anche in direzione opposta. Non si tratta dei corridoi umanitari ufficiali, ma di fughe informali iniziate i primi giorni del conflitto, ricongiungimenti familiari che sfuggiranno probabilmente anche al controllo delle autorità.
Da uno di questi mezzi, arrivato nel pomeriggio a Roma, in zona Rebibbia, sono scese Alina e Ira, mamma e figlia di 50 e 24 anni . Non parlano italiano. Traduce per loro Mariana, parrucchiera di 28 anni, figlia e sorella delle due che le aspettava davanti alla stazione della metro B. “Appena ho visto cosa stava succedendo ho detto loro di raggiungermi. Sono partite da Leopoli quattro giorni fa, appena si è capito che le cose si mettevano male. È stato un viaggio difficile perché solo per attraversare la frontiera ci sono voluti tre giorni”. Mariana è convinta che gli arrivi continueranno anche nei prossimi giorni, anche prima di sabato. “Mi hanno detto che al confine c’erano tantissimi pullman diretti in Italia”, dice. In mattinata intanto altri due ucraini sono stati accolti dalla comunità di Sant’Egidio di Roma, ma il vero flusso ci sarà nei prossimi giorni. Solo nelle ultime ore (le stime sono in continua crescita) sono fuggite dall’Ucraina 368mila persone. Il segretario generale delle Nazioni unite, Antonio Guterres ha spiegato questo pomeriggio come quella ucraina: “potrebbe facilmente diventare la peggiore crisi umanitaria e dei rifugiati in Europa negli ultimi decenni”.
Sono 230mila gli ucraini in Italia e sono tanti i loro parenti, donne, bambini e anziani (gli uomini adulti sono mobilitati per combattere) che potrebbero raggiungerli per stare al sicuro. Il Viminale sta preparando delle stime e anche una ripartizione per quote da affidare a ciascuna prefettura. Intanto ci si comincia a organizzare. Il Consiglio dei Ministri ha approvato l’aumento di 16mila posti nei centri di accoglienza straordinaria (Cas) e nel sistema di accoglienza e integrazione (Sai), mentre le prefetture lavorano con comuni, regioni e associazioni del terzo settore lavorano per la micro accoglienza in appartamenti e strutture più piccole.
A Roma si è svolto questo pomeriggio a palazzo Valentini un incontro per fare una prima ricognizione dei luoghi dove ospitare i rifiugiati ucraini a cui erano presenti anche Caritas, Unhcr, comunità di Sant’Egidio e centro Astalli, ma andhe Federalberghi. Le strutture alberghiere infatti saranno probabilmente utilizzare per la prima accoglienza. Il sindaco Roberto Gualtieri ha creato una task force in Campidoglio che sarà guidata dall’assessore alle politiche sociali Barbara Funari. Mentre a Milano Beppe Sala ha già annunciato di essere al lavoro con prefettura e associazioni per trovare posto dove accogliere “soprattutto donne e bambini che arriveranno già tra oggi e domani”. Un ruolo potrebbero giocarlo anche le famiglie. In tanti stanno dando la loro disponibilità su gruppi Whatsapp e Facebook nati ad hoc. La comunità di Sant’Egidio ha già pubblicato degli avvisi per raccogliere la disponibilità delle singole famiglie.
In giornata si è mossa anche Protezione civile che ha convocato i dipartimenti regionali. Per adesso il tema dell’accoglienza non è stato affrontato nel dettaglio. La richiesta alla protezioni regionali è stata di fornire farmaci e kit di pronto soccorso.
La mobilitazione