A 55 anni dall'alluvione di Firenze, il ricordo dei novemila salvataggi
Il 4 novembre 1966 l'Arno straripò, inondando il capoluogo toscano. Morirono 35 persone e ci furono danni enormi al patrimonio artistico. Un video dei vigili del fuoco ricorda gli interventi di quei giorni
Il 4 novembre del 1966, cinquantacinque anni fa, a causa di un'ondata eccezionale di maltempo l'Arno straripò inondando gran parte del suo bacino idrografico. Si ritrovarono sott'acqua diversi quartieri di Firenze, gran parte dei quali nella periferia del capoluogo toscano oltre che molti centri del Casentino, del Valdarno in provincia di Arezzo e del Mugello. Nelle stesse ore anche la Maremma fu colpita da esondazioni, Grosseto fu sommersa e gran parte della piana della Maremma. Nell'inondazione morirono 35 persone. I vigili del fuoco, che all'epoca salvarono 9mila persone in pericolo, oggi hanno diffuso un video sui loro profili social ufficiali per ricordare quell'evento.
Nell'alluvione del '66 ci furono anche pesanti danni al patrimonio artistico: i magazzini della Biblioteca Nazionale centrale e i depositi degli Uffizi furono inondati rovinando migliaia di volumi e centinaia di opere d'arte, così come fu irrimediabilmente rovinato il Crocifisso del Cimabue nella Basilica di Santa Croce.
I cosiddetti angeli del fango all'opera
La catena di mani per salvare dal fango i libri della Biblioteca Nazionale
Gli archivi danneggiati dall'alluvione
Durante l'alluvione il Crocifisso di Santa Croce, dipinto da Cimabue tra il 1272 e il 1280, venne travolto dalle acque e danneggiato irrimediabilmente. Restaurata con la massima cura possibile, la pittura in superficie appare oggi perduta in molte porzioni. Nonostante ciò restano le fotografie a testimoniare lo straordinario valore dell'opera.
Piazza Santa Croce
Una strada del centro storico dopo il ritiro dell'acqua
La spalletta del lungarno distrutta dalla piena
Auto coperta di fango
Piazza del Carmine dopo il ritiro dell'acqua
Piazza del Carmine invasa dal fango
Sottopassaggio del Viale Fratelli Rosselli ancora invaso dall'acqua. Sul muro è ben visibile la traccia lasciata da questa, nelle ore della massima inondazione
Una ricostruzione digitale del livello delle acque in tutta la città durante l'alluvione del 1966
I restauri in Santa Croce
Paolo VI in Piazza Santa Croce
Il loggiato degli Uffizi diventa il rifugio di volumi antichi pronti per l'inventariato
In Via San Remigio, nella zona più bassa della città, esiste una targa dell'alluvione del 1333 dove una manina scolpita indica il livello raggiunto dalle acque; ancora più in alto la targhetta che ricorda il livello raggiunto dalle acque nel 1966. Le targhe sono a circa quattro metri d'altezza
Scorcio di Santa Maria del Fiore con l'inondazione
C'è anche un altro lato della medaglia, però: cioè la fase successiva, quella della ricostruzione, con l’impegno di fiorentini e non per ripristinare le bellezze artistiche danneggiate e l'uso di tecniche di restauro allora innovative. Il coinvolgimento di specialisti internazionali nella conservazione di beni culturali contribuì a dare vita a centri d’avanguardia, come l’Opificio delle Pietre Dure, dove l’attività del restauro cessò di essere considerata un mestiere artigianale per ottenere il rango di disciplina scientifica. Lo spirito di solidarietà, anche internazionale, ha permesso alla città di rimettersi in piedi: oltre agli esperti, subito dopo la catastrofe, centinaia di giovani volontari poco più che diciottenni – chiamati gli “Angeli del Fango” – accorsero a Firenze da tutto il mondo per portare il proprio aiuto.