(foto EPA)

Il gomblotto di Suez

Andrea Minuz

Più il mondo è complesso più l’irrazionale ci seduce. Basterebbe studiare Storia e Geografia

Davanti alle immagini delle torri di container e dei cargo in doppia fila, bloccati nell’ingorgo di Suez, pensavo come tutti all’impatto della globalizzazione sulle nostre vite, cioè alle sorti della mia credenza shabby chic, “effetto anticato”, ordinata su Amazon tre settimane fa. Sarebbe già arrivata se non si fosse messa di traverso la Ever Given, e a quest’ora avrei finito il trasloco. Non ero andato da Ikea anche per evitarmi l’ingorgo sul Grande raccordo anulare, mi sono ritrovato travolto in quello di Suez. Un manifesto della globalizzazione. Ne “Il vedovo”, il capolavoro di Dino Risi, l’improvvisa chiusura del canale di Suez incombe sulle finanze di Alberto Sordi, romano trapiantato a Milano in cerca di fortuna. “Prima me lo chiudete, poi lo riaprite, proprio nel momento in cui sto speculando sulla benzina…”. Sordi, “cretinetti”, provava a spiegare all’amante i fasti dell’economia del boom con la chiusura e la riapertura di Suez. Anche lui era un profeta della globalizzazione. Il film è del 1959. Eravamo a ridosso della crisi innescata dalla nazionalizzazione del canale voluta dal presidente egiziano, Nasser, e Suez era sulla bocca di tutti.

Incapace di fare affari, ignorante in geografia, Sordi se la prendeva con gli ebrei, causa di ogni sua disgrazia economica (un po’ come oggi Gratteri, che però li incolpa anche del coronavirus). Nella storia di Suez, i No global e i movimenti green si sono sentiti poco. Forse sfiancati da un anno di Covid, forse in trepidazione anche loro per i pacchi ordinati su internet. Si segnala invece un formidabile complotto esoterico. Il tappo di Suez sarebbe da imputare all’incazzatura di ventidue faraoni che il 3 aprile verranno spostati da un museo all’altro, con grandi parate al seguito. Sull’emittente televisiva egiziana al Nahar, l’egittologo superstar Zahi Hawass ha dovuto spiegare che non c’è alcun nesso possibile fra l’incidente e la cerimonia di traslazione delle mummie regali, tra cui quella del grande faraone Ramses II e della regina, ma non sua consorte, Ahmose Nefertari. Ci fidiamo. Più il mondo si fa complesso, più siamo sedotti dall’irrazionale, dal ritorno allo stato di natura. Anche perché basta un pezzo di carne avariata di Wuhan o un cargo che s’incaglia e si mette di traverso e il mondo va in tilt. Soluzioni semplici a problemi complessi, in cui c’è qualcosa di magnifico e angosciante, come nelle migliori allegorie bibliche. “E’ la natura che si riprende i suoi spazi”, si diceva all’epoca del primo lockdown (ora evidentemente anche la natura s’è stufata). “E’ la rivincita della geografia”, scriveva in questi giorni Avvenire a proposito del tappo di Suez. La rivincita della geografia sarebbe rimetterla in programma a scuola, magari insieme alla storia del canale di Suez. Una lezione davvero esemplare di “globalizzazione spiegata ai bambini”.

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