I guardiani della legge

Quante acrobazie ideologiche può reggere una democrazia?

A Londra c'è una nuova lite tra consiglieri legali del premier per via della giravolta sulla Brexit. Ricorda un po' quel che accade oltre Atlantico

Paola Peduzzi

Suella Braverman guida i sostenitori di Boris Johnson ed è molto criticata: hai studiato tanto per finire a dare sempre ragione al capo? Forse è il ruolo che ricopre ad aver avuto una trasformazione, come dimostra il contorsionismo sfacciato di Bill Barr, ministro-difensore di Trump

Mai come in questa stagione abbiamo visto i consulenti legali dei governi in tali e tante attività di contorsionismo. In America c’è il ministro della Giustizia Bill Barr che a un certo punto è finito pure sul palchetto delle conferenze stampa di Donald Trump sul coronavirus: meglio comunque avere un avvocato di fianco, deve aver pensato il presidente. Se il tuo difensore è Barr, tanto meglio: sa esibirsi in grandi acrobazie. A inizio settembre, dopo che Trump aveva detto agli americani di valutare l’ipotesi di votare due volte per essere più sicuri, Barr era andato in televisione, sulla Cnn, a farsi intervistare da Wolf Blitzer, che gli aveva chiesto: ma è legale questa cosa del doppio voto? Risposta del ministro: “Non ho grande familiarità con le leggi specifiche di molti stati”. E il voto postale? “E’ come giocare con il fuoco”, ha risposto Barr, è un metodo “che si presta a frodi e coercizioni”, “senza controllo e pericoloso”. Ma quanti casi di brogli nel voto postale sono stati perseguiti dal dipartimento di Giustizia? “Non ricordo a memoria” (la risposta esatta era: quasi zero).  

Nel Regno Unito l’ultima acrobata di riferimento è Suella Braverman, attorney general, primo consulente legale del governo di Boris Johnson, custode del rispetto delle leggi da parte dell’esecutivo, primo ministro e tutti gli altri. Johnson ha appena posto il Parlamento britannico di fronte al voto dell’Internal Market Bill, il progetto di legge che rivede in parte l’accordo siglato con l’Unione europea sulla Brexit. La scelta di Johnson è stata molto criticata, il Partito conservatore si è spaccato di nuovo, sono state tirate fuori le lavagne in cui si segnano i nomi dei propri soldati e quelli dei ribelli, come ai tempi in cui la Brexit teneva svegli i Comuni (e noi che dovevamo raccontare che cosa combinavano). S’è cominciato a discutere della legge e sono inziati i voti agli emendamenti, ma intanto i consulenti legali hanno aperto la loro battaglia. Al centro c’è la Braverman, quarantenne entrata in Parlamento nel 2015, quando l’allora premier David Cameron aveva messo un abito nuovo ai Tory (a proposito di premier: Cameron si è unito a Tony Blair e a John Major nelle critiche a quest’ultima giravolta di Johnson, questi ex sono uniti e insoddisfatti). In realtà la Braverman aveva già provato anche alle tornate elettorali precedenti a farsi eleggere ma non ce l’aveva mai fatta: il suo primo tentativo fu ritardato dal fatto che lasciò che sua madre provasse prima di lei a entrare in Parlamento. La carriera della Braverman è stata comunque molto rapida e brillante e quando è arrivata al ruolo di attorney general, a febbraio, molti l’hanno raccontata come l’alter ego del cancelliere Rishi Sunak, un altro che ha fatto una corsa veloce verso l’alto. Ma la Braverman ha sempre avuto una connotazione ideologica molto forte, ha raccontato di essere stata vittima del disprezzo progessista quando studiava a Cambridge (i blairiani erano i suoi persecutori principali): è sopravvissuta ed è diventata una custode dello spirito conservatore, anche nei suoi contorsionismi. Forse soprattutto in quelli, come ha scritto Nick Cohen sull’Observer in un articolo acidissimo nei confronti della Braverman: tanti studi e tanto impegno, scrive Cohen, per poi arrivare al punto in cui devi soltanto avere la forza di dire al tuo capo di fare tutto quel che gli pare. Ieri poi la Braverman si è trovata a dover discutere persino con il suo predecessore quel Jeffrey Cox che già aveva stiracchiato il rapporto tra esecutivo, legge ed Europa in occasione della firma dell’accordo sulla Brexit. Cox dice che questo stravolgimento è illegale, la Braverman sostiene che si può fare, in mezzo i parlamentari si guardano intontiti, contandosi e ricontandosi come ai vecchi tempi: senza un perché.

 

Mentre si aspetta di vedere se questa legge che riapre la questione del confine nordirlandese sarà passata e quindi finirà davanti alla Regina Elisabetta, che a tutto quel che le è toccato fare in questi anni  ora aggiunge anche la firma su una norma che per mezzo paese (e per l’Europa) è illegale. Chissà che faccia farà, la Regina, chissà se chiamerà anche lei un avvocato: ci raccontiamo sempre che le democrazie oggi non vengono giù con i carri armati, ma se non sono molto flessibili anche tante e tali contorsioni poi le spezzano.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi