Marlène Schiappa (foto LaPresse)

Il manifesto femminista della ministra Schiappa

Paola Peduzzi

Tra uomini bruti, mutandoni e voglia di innamorarsi

Marlène Schiappa ama scrivere, lo fa in continuazione, appunti, manualetti, monologhi, tre libri negli ultimi mesi, due assieme al marito, il principe consorte – un professore di Marsiglia che si sente un po’ come Filippo d’Inghilterra nella serie tv “The Crown”, ha detto in un’intervista: un paragone che non ha molto di rassicurante, ma i due lo ripetono contenti – e uno, l’ultimo, “Si souvent éloignée de vous”, che è un diario personale: le lettere che la ministra francese per le Pari Opportunità ha mandato alle sue due figlie, che ora hanno sei e undici anni, da quando è iniziata, nel 2016, la grande avventura macroniana.

 

Gira voce da tempo in Francia che la Schiappa abbia scritto alcuni libretti erotici utilizzando uno pseudonimo, ma lei smentisce, dice che la chiacchiera fa parte della campagna denigratoria di cui è vittima, ogni giorno un attacco, ogni giorno una cattiveria, qualche volta delle minacce. Essere donne ed essere ministri non è affatto semplice, dice la Schiappa, che in Parlamento si batte per una legge che sanziona anche i fischi per strada come un oltraggio e che fuori dai palazzi della politica si esibisce nei teatri, icona di un femminismo sexy (“agent provocatuer” dicono senza troppa fantasia i giornalisti internazionali) in cui la carriera non è mai stata una priorità (è un’altra cosa che ripete sempre, dice di aver sentito l’urgenza di sentirsi utile a livello sociale, una vocazione arrivata mentre si dedicava alla famiglia) e invece lo è la maternità: prima di entrare in politica, la Schiappa aveva un blog e scriveva libri di consigli alle madri che lavorano. In questo terreno stretto, accidentato ed eppure tanto esplorato da essere ormai quasi noioso, la Schiappa ha deciso che non c’è femminismo migliore di mostrare se stessi, e così si mette in primo piano, sempre. A marzo, pizzi neri e scarpe rosse, salì sul palco per interpretare i Monologhi della vagina e conquistò titoli e visibilità dichiarando: “La mia vagina è arrabbiata”, e condannando la tortura inflitta alle donne dai tanga: nulla è più comodo dei mutandoni di cotone, soprattutto quelli dotati di una una vibrazione che può dare piacere “al supermercato, in metropolitana e all’Assemblea nazionale”. Immaginate i colleghi in quell’Assemblea che cosa penseranno ora vedendola passare, e dopo aver letto, nelle lettere che non si sa come sono indirizzate a due figlie ragazzine, che cosa pensa la ministra quando è sotto la doccia: “Quando lo shampoo mi cola sulle spalle, sulla pancia, sulle gambe, ce l’ho ovunque, mi lavo con questo liquido bianco, e mi sconvolgo dentro”.

 

Siamo proprio sicuri che vogliamo sapere tutto questo di un ministro della Repubblica?, chiedono alcuni commentatori, affascinati da questo linguaggio diretto ma scioccati dai possibili effetti. Barbara Krief, giornalista de L’Obs, dice che no, tanta intimità con la ministra-attivista trentacinquenne la mette a disagio.

 

In “Si souvent éloignée de vous”, la Schiappa vorrebbe dare forma compiuta alla sua idea di femminismo, ma si ritrova sempre a parlare di sé, o al limite di quanto è bella una delle sue figlie, “gambe lunghe e fini, potrebbe fare la modella”. Non c’è niente di più appagante di “un uomo che vi sorride”, dice alle due ragazzine, “vorrei essere femminista fino alle unghie e dirvi che bisogna fregarsene dei ragazzi, ma qualcosa in fondo al mio cuore – un rimasuglio dei miei avi della Corsica e dell’Italia, o il fatto di aver letto troppe volte Madame Bovary – mi impedisce di affermare in modo spontaneo che non c’è nulla che vi impedisca davvero di innamorarvi”. Il marito della Schiappa compare poco, è una voce di sottofondo di questo spettacolo di donne che devono stare attente agli uomini bruti, alle molestie, ai complimenti troppo circostanziati, agli stipendi mai troppo assimilati, e che però amano molto dire di sé anche i pensieri più nascosti, lo stupore che diventa provocante – uno spettacolo di donne che, come spesso accade, è fatto per divertire gli uomini.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi