Hillary Clinton (foto LaPresse)

Hillary si fa aiutare da un esercito di insonni per diventare una secchiona che sa corteggiare

Paola Peduzzi
Allo show distopico messo in scena da Donald Trump, Hillary Clinton risponde con la sua armata di secchioni. In questo 2016 in cui abbiamo scoperto che i fatti non contano più – nessuno ci crede, nessuno li ascolta – la scelta di Hillary sembra da pazzi: a chi vuole che interessino i dati, le analisi, le tabelle? Che noia, dateci i tradimenti in diretta.

Allo show distopico messo in scena da Donald Trump, Hillary Clinton risponde con la sua armata di secchioni. In questo 2016 in cui abbiamo scoperto che i fatti non contano più – nessuno ci crede, nessuno li ascolta – la scelta di Hillary sembra da pazzi: a chi vuole che interessino i dati, le analisi, le tabelle? Che noia, dateci i tradimenti in diretta, l’invitato-star che spernacchia dal palco il suo ospite, le teorie del complotto che nascono subito, immediate e travolgenti, le figlie che si disegnano i vestiti da sole, i capelli biondi, i denti bianchissimi, le mogli che copiano le mogli di altri, le tute da carcerato e l’urlo unificante “in prigione!”, insomma lo spettacolo improvvisato con finale per nulla lieto, il mondo sta per finire davvero (c’è però un sequel alla Casa Bianca, nella mente degli autori). Ma Hillary non è capace di fare la cabarettista in diretta, pretende che tutto sia preparato, programmato, deciso, non fatemi scherzi perché vi licenzio tutti (ecco, in questi ultimi giorni in cui una sorpresa è arrivata, pare fornita come “special gift” dai solerti hacker russi che storicamente sono i migliori, abbiamo scoperto che c’è un tratto che differenzia Hillary da Bill, oltre all’abilità del cabarettismo improvvisato: lei licenzia parecchio, come ha capito al volo la capa del comitato che presiede il Partito democratico americano).

 

Così il suo esercito di secchioni è al lavoro da mesi – lo show di Filadelfia è l’intermezzo estivo per mostrare i gioielli di famiglia, compreso Barack Obama che di famiglia non è mai stato ma che interpreterà l’hillariano della prima ora con la classe che soltanto lui ha – per fare quello che i secchioni della politica devono fare meglio di tutti gli altri: prevedere chi sarà a determinare il risultato, che tipo di elettore vincerà la palma dello “swing” e diventerà decisivo per portare un repubblicano o un democratico alla Casa Bianca. Questo è il lavoro difficile e definitivo: Politico scrive che si va a caccia delle “soccer moms” del 2016 – quelle che portarono alla vittoria l’ultimo e unico Clinton per ora eletto presidente, quelle che in realtà non esistevano, cioè erano il frutto di una semplificazione di marketing che ha condizionato gli studiosi per più di un ventennio.

 

Nell’headquarter di Brooklyn, l’addetto alla caccia dell’elettore “swing” è un ex obamiano, Elan Kriegel, uno che pensa che la matematica sappia spiegare tutto e che da anni fornisce modelli al Partito democratico per cercare di intercettare quel che si muove nel paese a favore dei propri datori di lavoro. Per quanto si lavori da tempo – da sempre – a cercare l’elettore x, per quanto l’arte sia diventata tanto sofisticata da fare paura (c’è una compravendita di dati là dietro, cui ci prestiamo con un’accondiscendenza formidabile, ci siamo messi anche a inseguire mostriciattoli in ogni dove per far sapere qualcosa d’altro, di nuovo, su di noi), ancora non si è trovata una definizione precisa del gruppo di persone che determinerà la vittoria a novembre. Ci sono i millennial cubani in Florida, 300 mila voti contesi in uno stato in cui si vince o si perde di pochissimo; ci sono gli “halfbacks” della Carolina del nord, pensionati che non sopportano l’umidità della Florida e cercano una destinazione più fresca; ci sono i nipoti dei celebri “Reagan democrats” del Michigan, stato che non vota un presidente repubblicano dal 1988 – insomma ci sono tanti gruppi di elettori che possono far scivolare la campagna elettorale di qui o di là. L’esercito di Hillary non vuole farsi sorprendere, lei studia ogni dettaglio utile per trasformarsi in una corteggiatrice credibile, perché quest’anno no, questa volta no, non la vedrete piangere, la secchiona. 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi