Ti butto via l'album delle figurine. Perché in famiglia e in politica vincono le minacce improbabili

Paola Peduzzi

    Se non ti lavi i denti, butto via l’album delle figurine. Se non togli i gomiti dal tavolo, niente televisione. Se non la pianti di saltare sul letto, non invito più nemmeno un amico e sarai sempre solo. Se urli un’altra volta, lancio le macchinine dalla finestra. La vita quotidiana delle famiglie è fondata sulle minacce. Tante, ripetute, poco plausibili, terrorizzanti, ridicole, inventate, inapplicabili. E’ ovvio che buttare via l’album delle figurine è un’arma da fine del mondo: possono cadere anche tutti i denti (definitivi) e l’album delle figurine resterà lì, anzi quando passo in edicola faccio una piccola scorta di bustine, non si sa mai.

     

    Eppure la minaccia è il metodo che anche i politici usano nei confronti degli elettori. Se non voti me, o questa cosa o quell’altra, ti butto via l’album delle figurine. Il premier britannico, David Cameron, ripete che se mai gli inglesi dovessero decidere di votare la Brexit, sarà la fine di tutto, non ci saranno più opportunità, scambi, soldi, vacanze, aperture, l’Inghilterra resterà sola e senza amici. Il piano strategico del governo si muove di minaccia in minaccia: se non votate contro la Brexit, non ci sarà più stabilità né futuro, resteremo a raccogliere i cocci dell’esplosione per chissà quanti anni, isolati e impoveriti, rimpiangendo il momento in cui abbiamo detto: ma sì, in fondo cosa vuoi che sia quest’Europa, solo allevamenti francesi da sovvenzionare.

     

    Peter Jones dello Spectator ha scritto a Cameron: davvero pensi che le minacce portino qualche vantaggio, dopo che hai avuto la pazza idea di infilarci tutti in questo caos, quando stavamo tanto bene a lamentarci dell’Europa ogni momento senza mai dover scegliere se abbandonarla? Secondo Jones, Cameron dovrebbe ispirarsi a Pericle, niente meno, il maestro della persuasione. Dicci perché è bene rimanere in Europa, come saremo più ricchi e integrati ma allo stesso tempo autonomi e sovrani: convincici, senza continuare a dirci che ci ritroveremo in ginocchio disperati se non faremo la scelta “giusta”.

     

    Ma la minaccia non è un’arma di disperazione che usa soltanto Cameron. Anche il Partito repubblicano americano sta minacciando i propri elettori: se votate Donald Trump vi ritroverete con un “buffone” come presidente, isolati dal mondo, sbeffeggiati, irrilevanti. Che l’America diventi senza peso è abbastanza improbabile, ma ci sono vari gradi di leadership, e secondo i repubblicani quella di Trump sarebbe la più bassa di sempre (più bassa persino di quella dell’arcinemica Hillary Clinton, che d’un tratto diventa alternativa per alcuni repubblicani, mentre ancora deve convincere i democratici). Più il Partito usa gli stessi toni di Trump e minaccia qualsivoglia sciagura nel caso davvero lo showman diventasse “the nominee”, più gli elettori conservatori s’appassionano a Trump, dicono che non sostiene istanze così folli, già si parla di una middle class ragionevole e stanca che s’affida alle magie dell’uomo dai capelli da gatto. Il Partito minaccia e Trump, che finora è stato il minacciatore in chief, assume i toni del persuasore, si trasforma, si addolcisce quasi, mostrando un’aria a tratti mansueta (poi quando parla di politica estera diventa più spaventoso che mai), che confonde e terrorizza i suoi avversari. I quali minacciano e minacciano e minacciano, e non si accorgono che nel frattempo non sanno più nemmeno dov’è, l’album delle figurine.

    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi