Il governatore dell'Ohio John Kasich è tutto fede, rigore e lavoro. Per fortuna c'è sua suocera

Paola Peduzzi

    Le preghiere al mattino, l’abbraccio alle donne di casa, i libri sulla fede, il lavoro. John Kasich, governatore dell’Ohio, è un uomo noioso e rassicurante, con la passione per le freddure, spesso imbarazzanti, per il rigore e per la razionalità. Prima che la follia delle primarie repubblicane per la Casa Bianca prendesse la forma che ha oggi – la misura della disperazione è data dal fatto che la via di uscita prediletta è il caos alla convention di luglio – Kasich era considerato il candidato-dei-sogni-che-non-sarà-mai-presidente, perché è vero che guida uno stato decisivo alle elezioni di novembre, ma era pur sempre sconosciuto a livello nazionale, e difficilmente esportabile al di fuori del suo stato.

     

    Poi la gara è iniziata, Donald Trump è diventato inarrestabile, tutti i suoi rivali sono sembrati d’un tratto inadeguati e allo stesso tempo plausibili, l’antidoto ancora non c’è eppure si spera sempre. Questo è il momento dell’argine Kasich: oggi si vota alle primarie in Ohio e nei sondaggi il governatore è testa a testa con Trump, tallonato da Ted Cruz, il senatore del Texas che sta cercando di fare terra bruciata attorno a sé per consolidarsi come l’unica alternativa a Trump. Laddove Marco Rubio sembra destinato a fallire – vincere il proprio stato e rilanciarsi a livello nazionale – Kasich continua a tenere testa al Trump piglia tutto, pure se di un soffio, in una competizione in cui non sono concessi errori: i sessantasei delegati dell’Ohio si assegnano soltanto a chi arriva primo. O si vince o si perde.

     

    Giocare in casa aiuta Kasich, anche se i risultati del suo operato – diciott’anni da deputato, è ora al secondo mandato da governatore – sono interpretati in modo diverso da ogni interlocutore: ci troviamo  comunque nel mezzo della rust belt, l’ex cuore industriale dell’America, colpita dalla crisi e variamente arrabbiata con il governo centrale (se gli dovesse andare bene, Kasich dovrà dare in regalo ai suoi elettori un libro che esce a fine mese ed è una botta di vita e di ottimismo: si intitola “The Smartest Places on Earth: Why Rustbelts Are the Emerging Hotspots of Global Innovation”, racconta come un mix di intellettuali visionari, di università, di politici locali ha permesso di creare poli di innovazione “smarter not cheaper”, intelligenti non a buon mercato, che stanno rivoluzionando il mondo: c’è anche la storia della città di Akron, Ohio). Kasich punta sui valori religiosi, sulla storia da sogno americano – genitori immigrati dall’est Europa che facevano i postini – e sulla sua famiglia. Se vi è capitato di vedere l’ultima stagione di “House of Cards”, avrete un livello di aspettative nei confronti delle famiglie dei candidati presidenziali che non troverà mai adeguata corrispondenza nel mondo reale (così come non ce l’ha la figaggine dei candidati), ma Kasich è riuscito a delegare alle donne di casa la vitalità che gli manca. Le figlie, gemelle di sedici anni, si mostrano poco, una è contenta all’idea di un papà presidente, l’altra invece vorrebbe nascondersi e non farsi trovare mai più: i genitori non svelano chi delle due sia la più riottosa. La moglie Karen studia da first lady da sempre, si occupa di bambini e di donne, dice che l’unico lavoro che l’abbia mai interessata e soddisfatta è questo, fare la mamma, e vuole aiutare tutte le donne come lei. Per questo Karen ha accompagnato poco suo marito, deve stare a casa a curare le ragazze (che staranno sbuffando), ma si è guadagnata sorrisi e consensi quando ha raccontato il suo primo incontro con il marito. Si erano visti per lavoro, lei si occupava di pr ma non aveva mai sentito nominare questo deputato che in realtà era famoso da sempre, perché aveva scritto una lettera al presidente Richard Nixon nel 1970, e Nixon gli aveva concesso un colloquio di 20 minuti. Poi John l’aveva invitata a pranzo. Karen subito aveva telefonato alla mamma: aiuto cosa faccio, mi ha invitato il congressman a pranzo. E la mamma, che come spesso accade nelle favole riscatta la noia di tutti gli altri, le rispose: “Studia, che non sai niente”.

    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi