La forza di una mamma siriana che dice ai suoi figli: anche chi ci bombarda un giorno si stancherà

Paola Peduzzi

    Un giorno stavo impastando il pane nell’orario della preghiera del mattino. Prima dell’alba ho svegliato mia figlia, le ho chiesto di aiutarmi a fare il pane, perché a quest’ora il pilota che guida l’aereo da combattimento è impegnato a bersi un Nescafé. Dovevamo impastare intanto che lui beveva il caffè, perché non avevamo più pane. E se non venivamo uccisi dai bombardamenti, saremmo morti di fame. Mentre stavamo facendo il pane, è sorto il sole.

     

    Mia figlia, che ha sette anni, si è stufata di fare il pane: non riesce a maneggiare il mattarello come un’adulta. Le ho detto: ‘Figlia mia, sii paziente. Continua a lavorare così riusciamo a finire prima che il pilota salga sul suo jet’. Quando abbiamo finito, ho preparato la colazione ai bambini, insieme abbiamo preparato una piccola borsa e ci siamo incamminati verso il nostro rifugio. Ma quando eravamo a venti metri dal rifugio, il Mig è apparso nel cielo. Ha iniziato a volare sopra al nostro villaggio, c’era un albero tra noi e il rifugio. Un albero di bacche. Mi sono seduta sotto l’albero assieme ai bambini, e abbiamo iniziato tutti a piangere. I bambini hanno chiuso gli occhi, si sono coperti il volto con le mani. E’ caduto un missile, alcuni frammenti hanno colpito l’albero. Ma io sentivo che quel tronco sottile e rinsecchito ci avrebbe protetto.

     

    Quando gli aerei bombardavano il villaggio di notte, mentre eravamo nelle nostre case, dicevo ai miei bambini: ‘Ragazzi, non abbiate paura. Sicuramente si stancheranno’. Loro mi rispondevano: ‘Davvero, mamma?’. E io dicevo: ‘Certo, esattamente come noi ci stanchiamo e vogliamo dormire’. Allora i bambini iniziavano a contare, fino a cento, a volte fino a un milione, finché non si addormentavano. Non so se i piloti dei jet o i cecchini fanno una pausa per il Nescafé o no. Non so se i ragazzi che guidano i carri armati o lanciano i razzi contro di noi si stancano o no, dormono o no. L’ho detto ai miei figli per lavar via la paura dalle loro menti e dai loro cuori.

     

    E’ così che abbiamo vissuto per due anni e mezzo. Eravamo fattori, avevamo due mucche. Una delle mucche è stata uccisa dalle bombe lanciate da un aereo mentre stava partorendo un vitellino. Così siamo rimasti con una mucca soltanto. Alla fine ho detto a mio marito: ‘Non ce la faccio più, sono stanca, e ancor più lo sono i bambini. Non ce la faccio più. Dobbiamo lasciare la nostra casa e lasciare la Siria’. Lui ha detto: ‘Ok’. Ho aggiunto: ‘Vendiamo la mucca, è meglio venderla prima che venga uccisa o che un nostro figlio venga ucciso. Partiremo con quel che abbiamo’. Mio marito ha venduto la mucca, abbiamo usato quei soldi per venire in Libano”.

     

    Questo racconto è stato pubblicato da The Caravan LB, un progetto che mette insieme le voci dei rifugiati siriani che arrivano in Libano: ha un canale su YouTube, lo sfondo è nero, si sente la voce in arabo dei testimoni, compare il testo in inglese, e nelle pause ci sono i rumori della guerra, i cani che abbaiano, i jet che volano, le esplosioni. The Caravan ha già raccolto settanta testimonianze, sta registrando e pubblicando storie di discriminazione, di di umiliazione, di morte e di amore, ci sono anche i bei ricordi, fissati lì perché non possano essere cancellati. Parlano molte donne, ma anche gli uomini hanno deciso di raccontare le loro storie: ora tocca ai bambini, con le loro voci tintinnanti che vincono sul nero e sulle bombe.

     

    L’Europa fa i conti della propria resistenza al flusso dei migranti, fissa numeri, alza barriere, si affida agli inaffidabili per disperazione. Dal 27 febbraio è in vigore in Siria un cessate il fuoco deciso dalla comunità internazionale. In una settimana, secondo le ong siriane, ci sono stati 134 morti. Eppure i titoli dei giornali e i leader politici rassicurano: la tregua regge, stiamo andando bene.

    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi