Uomo bianco, donna blu
In arrivo il terzo “Avatar”. Primi giudizi solo sui social. Tutti d'accordo: grande spettacolo
James Cameron chiude in bellezza la trilogia con un film che insiste sul dolore profondo, in grado di cambiare la vita anche al personaggio più pacifico. Ma prima di un nuovo episodio dovrà attendere la risposta del pubblico
James Cameron ha pronunciato la parola con la erre – scrive il Telegraph in un titolo – a proposito del prossimo capitolo di “Avatar”, la saga sempre in cima alla lista degli incassi. I 2,9 miliardi di dollari portati a casa nel 2009 con il primo film ancora non li ha battuti nessuno. Il regista ha detto “razzista” della sua donna blu Neytiri, vale a dire Zoe Saldana. La colpa ovviamente è dell’uomo bianco, che ha contaminato il paradiso dove i Na’vi vivono. Giganteschi umanoidi blu, con una lunga criniera multiuso, mani e piedi con quattro dita, che se ne stavano in pace sul satellite Pandora. Le guerre erano un ricordo lontano, prima che l’uomo bianco turbasse l’armonia.
L’uomo bianco è arrivato, di nome fa Jack Sully, Marine americano – qui vuol dire anche “dalle fattezze umane” – che per varie vicissitudini ricostruibili con sicurezza solo dai fan (gente molto arrabbiata nei confronti di chi non condivide il culto) era paralizzato e ritrova l’uso delle gambe su Pandora. Incontra Neytiri (che blu Na’vi è per nascita) e fanno vari figli: il primogenito Neteyam morirà nel tentativo di difendere un fratello e una sorella più piccoli.
James Cameron durante la lavorazione di questo “Avatar: Fire and Ash” ha perso il suo produttore Jan Landau – lavoravano insieme fin dal primo “Avatar” – quindi insiste sul dolore del lutto. Non quello che mostrano al cinema – sono ancora parole sue, mai a noi verrebbe in mente di parlare male del cinema come Debbie Reynolds in “Cantando sotto la pioggia”: “Visto uno visti tutti”. Il dolore profondo che cambia la vita. E che, seguendo il suo ragionamento, trasforma una pacifica signora Na’vi in una donna furiosa. Oltre che razzista. Ma razzista verso chi? Vuol dire che il pianeta Pandora è abitato anche da Na’vi aggressivi e guerrieri? Non erano tutti paciosi e contemplativi? Per niente. Dal vulcano arriva Varang (nella lingua del posto significa “odio, fuoco, rabbia”) alla guida del popolo Mangkwan, vale a dire il Popolo della Cenere. Loro hanno sperimentato la furia per niente benigna della natura, e ora Varang si è rivolta al potere del fuoco. Sostiene l’attrice Oona Chaplin, figlia di Geraldine e nipote di Charlie Chaplin che ha la parte della guerriera: “Hanno un sacco di traumi irrisolti. E’ facile vederla come la cattiva, ma dal punto di vista suo e del suo popolo è un’eroina”. Insomma, hanno sofferto tanto e ora si salvi chi può. A vederli, come sempre succede, i buoni che il mondo ha incattivito sono più variopinti del blu (a strisce blu) dei Na’vi buoni e pacifici. Che cacciano per nutrirsi ma pregano per l’anima, o qualsiasi cosa sia, degli animali uccisi. I primi giudizi sono solo sui social, la stampa seguirà a tempo debito (il film esce al cinema il 19 dicembre, in Italia già il 17). Sulle qualità spettacolari di “Avatar: fuoco e cenere” tutti sono d’accordo, anche chi le trova preponderanti rispetto alla trama e amerebbe una storia all’altezza dei (moltissimi, senza paragoni) soldi spesi.
Scrive il critico di The Wrap (quasi mai tenero): “Sono rimasto senza fiato, atterrito, in preda a un timore reverenziale. Il film è più spaventoso, più stravagante, più spirituale di ‘La via dell’acqua’. Chiude in bellezza la trilogia, esplora tutte le possibilità della performance capture. Le sequenze d’azione sono sbalorditive, e non manca un’esplosione di surrealismo”. James Cameron meditava un quarto e quinto episodio della saga, ma deve attendere la risposta del pubblico. Al cinema, che rimane l’unico luogo dove si fanno i soldi veri. Il primo “Avatar”, costato 237 milioni di dollari, li ha moltiplicati per 12. Dopo il Covid e lo streaming, potrà succedere ancora?