al cinema

Le mie poesie non cambieranno il mondo

La recensione del docufilm di Annalena Benini e Francesco Piccolo, con Patrizia Cavalli

I cappotti con le tasche troppo basse hanno rovinato per anni la camminata di Patrizia Cavalli: non portando borse, ficcava tutto lì – e siccome le mani non sai mai dove metterle, per infilarle in quelle tasche la schiena era curva e l’andatura non trionfale come dovrebbe. Patrizia Cavalli commenta le poesie di Patrizia Cavalli che raccontano Patrizia Cavalli in un labirinto che solo a lei riesce (e a Vivian Lamarque, diamo alle poetesse quel che è loro). Lei dice “poeta”, quando racconta dell’incontro con Elsa Morante e dell’apprezzamento della scrittrice per la ragazza arrivata a Roma da Todi, di amicizia in amicizia: “Io leggevo solo Tex Willer, poi ho scoperto ‘Amleto’”, racconta Patrizia Cavalli nel film di Annalena Benini e Francesco Piccolo che coglie – nell’intervista e nelle immagini di repertorio – tutta la bravura, l’intelligenza e la giocosità dei poeti veri, all’opposto dei dilettanti lasciati dalla morosa. Dice che la poesia “sorge”, e intanto la mano si muove come un serpente intorno al corpo. Canticchia, parla dei suoi amori sempre impossibili, e del meraviglioso momento, tra due persone, “quando una cosa è e non la fai avvenire”. Ha orrore del danaro sudato, preferiva (è morta l’anno scorso a giugno) i soldi vinti giocando a poker – si intuisce: perdendone molti di più. Nel ’68 si vergognava a scrivere poesie, dice. Le sfugge un “sempre superba” (ma tagliò i capelli a un’amica per gelosia). Stupendo il duetto con Mika, sul cuore e i suoi battiti.

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