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Evviva, con "Babylon" al cinema ci si diverte ancora
Damien Chazelle porta sullo schermo il suo racconto della Hollywood sgangherata, visionaria, allucinata, orgiastica, degli inizi. Margot Robbie fa la “it girl”, famosa per essere famosa. Brad Pitt è perfetto: grandioso e minuscolo, compare e sparisce, un po’ in smoking un po’ in mutande
Evviva! Ci si diverte ancora! “Il cinema non è diventato piccolo” come lamentava Gloria Swanson alla fine di “Viale del tramonto”. Non lo è affatto, nel senso dei soldi spesi e soprattutto del “pensare in grande”, se un giovanotto nato nel 1985 – non aveva ancora dieci anni quando Tarantino con “Pulp Fiction” vinse la Palma d’oro a Cannes – ha il coraggio e la sfacciataggine di portare sullo schermo (a 70 mm, per che ha le sale giuste sotto casa) la Hollywood sgangherata, visionaria, allucinata, orgiastica, degli inizi. “Babylon”, appunto.
L’esatto contrario dell’Arte cinematografica che più avanti sapientoni e guastafeste cercheranno di imporre su tutto quel casino – anche in senso stretto. In “Babylon”, Los Angeles è ancora un deserto: però che bella luce, preziosa quando la pellicola non era sensibile come diventerà poi. Per lo stesso motivo, le attrici erano giovanissime: con la luce naturale, la pelle deve essere perfetta. Chi passava di lì e aveva fortuna, maschi o femmine, era proiettato tra le star (ci penserà poi il sonoro, a cancellare i sogni di gloria – lo sappiamo da “Cantando sotto la pioggia”, ampiamente citato qui da Damien Chazelle che l’amore per il musical l’aveva ben dimostrato in “La La Land”.)
Margot Robbie fa la “it girl” di quegli anni. Famosa per essere famosa, senza particolari qualità, si trova sul set giusto al momento giusto (il corrispettivo “reale” potrebbe essere Clara Bow, molto chiacchierata e modello per il personaggio dei fumetti Betty Boop). La controparte maschile è un misto tra Douglas Fairbanks lo spadaccino e John Gilbert, che recitò accanto a Greta Garbo in “La regina Cristina”. Parlotta in italiano, un po’ di Rodolfo Valentino. Brad Pitt è perfetto: grandioso e minuscolo, compare e sparisce, un po’ in smoking un po’ in mutande (e calze con la giarrettiera). Terzo personaggio, un messicano che da autista-meccanico diventa produttore, omaggio ai latinoamericani che sbrigavano faccende non sempre umili.
La scena della festa – più che altro un’orgia – è tanto affollata che bisognerebbe vederla più volte per riconoscere tutti i sibariti, tra montagne di droga e ragazze che ne uscivano conciate (davvero) male – verità storica, cancelliamo anche questa? Poi il ritmo sembra rallentare, per riprendere veloce, e arrivare alla strage di attori chiamata “sonoro”.
“Babylon” è ricco, generoso, zeppo di grandi attori e di idee brillanti – si sa che prima o poi arriva la mafia, ma qui tiene i coccodrilli come animali da guardia. Forse “Babylon” non riempirà le sale, sembra un magnifico cruciverba per solutori esperti. Purtroppo le masse al cinema non vanno quasi più. Godiamoci almeno – noi che abbiamo completato l’album con le figurine di storia del cinema – ogni scena di un film grandioso.