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proiezioni a via veneto

Festa o Festival del cinema? A Roma si risolve così, un po' l'uno un po' l'altro

Mariarosa Mancuso

La Fondazione Cinema per Roma ha presentato le novità della nuova edizione che si terrà dal 13 al 23 ottobre 2022. Un po' concorso e un po' manifestazione, con eventi sparsi in tutta la città. Il debutto del nuovo presidente Farinelli 

La Festa del Cinema di Roma edizione 2022 sarà “site specific”, come certe opere d’arte che possono stare solo in certi luoghi, come la Hollywood sul Tevere. Primo anticipo: “Vacanze romane” di William Wyler, anno 1953, proiettato a via Veneto. Seguita da proiezioni estive, tra luglio e agosto, in un’arena da 600 posti al Parco degli Acquedotti. Per i non romani, e però cinefili, è dove il Cristo della “Dolce vita” di Federico Fellini viene trasportato in elicottero, diretto verso San Pietro. In cartellone, prevediamo “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino, un altro che da quelle parti si è fatto un giro.

Per noi che abbiamo letto Ennio Flaiano, via Veneto richiama immancabilmente la battuta: “Vedi, quelli? Credono di essere noi”. Rivolta a chi – ormai fuori tempo massimo – tenta di rinverdire quei fasti (già immaginiamo le vespe schierate dallo sponsor). Abbiamo cercato di scacciare il pensiero durante la conferenza stampa della Fondazione Cinema per Roma, che ieri mattina presentava le novità della manifestazione: dal 13 al 23 ottobre 2022 con propaggini tutto l’anno e in tutta la città. Come il Floating Theatre Summer Fest, arena galleggiante all’Eur. 

Poi il nuovo presidente della Fondazione, Gian Luca Farinelli, ha citato come migliori film di quest’anno Mario Martone con “Nostalgia” e Marco Bellocchio con “Esterno notte”. A questo punto la frase “ripartire dalle cose che soltanto Roma ha” è sembrata – parlando di cinema – un po’ riduttiva. Ed è stato difficile dimenticare le malignità flaianesche.

Non auguriamo a nessuno di ripensare una manifestazione che nelle edizioni precedenti ha visto Quentin Tarantino passeggiare tra la folla in via Condotti. Neppure di reinventare una manifestazione che con tracotanza estrema fu piazzata a ridosso della Mostra di Venezia, principale festival italiano da allora molto cresciuto grazie alla direzione di Alberto Barbera. Negli anni precedenti ci sono stati oscillazioni tra festa (per i cittadini) e festival (con un concorso, per gli addetti ai lavori che nell’ordine naturale delle cose dovrebbero trovarci film mai visti prima).    

Dilemma risolto: sarà un po’ Festa (tutto l’anno in città) e un po’ Festival con un concorso, accolto nel circuito internazionale – sì, c’è qualcuno che in materia dirige il traffico. Il premio fisicamente inteso cambierà, niente più Marc’Aurelio d’oro. Verranno ammessi i titoli prodotti dalle piattaforme, purché si tratti di “grandi film”. Non vogliamo ipotecare il futuro – il cinema sta andando più veloce di tutti i festival e di tutti i ragionamenti – ma le piattaforme hanno investito soldi nei “grandi film” per entrare nel salotto buono. Nella prossima fase dovranno risparmiare e vedersela con la concorrenza.

La direttrice artistica Paola Malanga ha illustrato le tre sezioni. Con nomi stranieri, il cinema è internazionale e globalizzato come altre faccende. “Progressive cinema” ospiterà il film in concorso (erano stati tolti perché i titoli da festival non sempre portano la gente in sala: “Titane” vincitore a Cannes nel 2021, ha incassato in Italia 161 mila euro). C’è la sezione “Grand public”, per i film che al pubblico piacciono. E “Free Style”, per tutto quel che solitamente si guarda al computer o in tv, intesa sempre più come monitor: dalle serie alla video art. Mancano gli incontri-conversazione, introdotti dal direttore uscente Antonio Monda? No, ci sarà anche una quota di “cinema parlato”.

Per i titoli bisogna aspettare settembre. E per il problema delle sale sempre più vuote di spettatori? Non deve più accadere, è stato detto. Bisogna celebrare la gloria della sala. Come, esattamente, nessuno l’ha ancora capito.