C'è un Oscar che arriva a Porto Sant'Elpidio, la straprovincia che ci piace

Michele Masneri

Dietro al nuovo Spiderman che ha vinto la statuetta per il miglior film di animazione c'è la disegnatrice marchigiana Sara Pichelli

Roma. E’ l’ora dell’Oscar latino-marchigiano. Nel gruppo di lavoro di “Spiderman: un nuovo universo”, che ha vinto la statuetta per il miglior film di animazione, c’è infatti la disegnatrice Sara Pichelli. E’ lei, nata nel 1983 a Porto Sant’Elpidio, che ha dato vita grafica al protagonista. “Ha creato il personaggio di Miles, ha fatto il lavoro pesante, poi per noi è stato facile portarlo sullo schermo”, ha detto uno dei registi, Peter Ramsey, dal palco degli Oscar. Il protagonista, figlio di un poliziotto afroamericano e una mamma latino-infermiera di stanza a Brooklyn, è un supereroe riluttante a causa di una puntura di un ragno ma è soprattutto la prima iniezione di sangue nuovo in un mondo di superheroes rigorosamente wasp. Ramsey pure è il primo regista di colore a vincere in questa categoria. “E’ una grande responsabilità. Tantissimi spettatori hanno amato Miles ed è stato importante per i bambini di colore e latinoamericani”, ha detto. Vince insomma il supereroe politicamente corretto, che già ha sbancato i box office (costato 90 milioni di dollari, ne ha incassati 360 finora). E vince un pezzettino d’Italia: Pichelli è una specie di celebrità nel mondo dei fumetti italiano; ha fatto tutta la gavetta e poi ha sfondato negli Stati Uniti nel 2011 quando ha reinventato Spiderman con la prima versione di questo supereroe perfetto per il momento storico di #metoo e di rinnovata questione razziale in America. Non che ci sia della furbizia: il film, giura chi l’ha visto, è il più bello del settore da molti anni a questa parte, sicuramente lo Spiderman cinematografico più bello di sempre.

    

Grazie anche a citazioni e divertimenti per uomoragnisti sofisticati: un porcellino in stile Looney Tunes, e un cattivo sofisticatissimo in nero (ma nel fumetto ha raffinati panciotti paisley). E poi Peter B. Parker, l’uomo ragno originale, imbruttito e con la pancetta. Però al centro c’è lui, il tredicenne mini-eroe non-bianco che cade a fagiolo nel momento in cui Trump vuole costruire il suo muro antilatinos a pochi chilometri da Los Angeles. Miles Morales pare dunque il Mahmood americano (e la giuria degli Oscar è tutta di qualità, non essendoci il televoto). Del resto il boss della Marvel, Axel Alonso, quando Barack Obama venne eletto nel 2008, disse che era l’ora di avere uno Spiderman di colore. Pronti via: il personaggio, disegnato da Pichelli, è stato inventato da un’altra celebrità del settore, Bryan Michael Bendis, che nel 2017 è passato alla mega concorrente Dc Comics in quello che è il grande duopolio supereroico mondiale. La storia dell’Oscar di domenica segna anche una svolta a livello di industria: il film, pur essendo di derivazione Marvel, è prodotto da Sony, che qualche anno fa si accollò a poco prezzo Spiderman e i suoi derivati. E quest’anno vince contro il colosso Disney-Pixar che da sei anni a questa parte si porta a casa la statuetta (quest’anno schierava “Ralph spacca Internet” e “Gli Incredibili 2”).

     

Il film latino-marchigiano ha vinto anche contro Wes Anderson (“L’isola dei cani”) per cui in America si erano tenute varie proiezioni con cagnetti al guinzaglio. Pichelli, dicono nell’ambiente, è il classico talento poco sfruttato in patria ma che negli Stati Uniti ha avuto bestiale riconoscimento. Di Porto Sant’Elpidio, appunto: volendo fare sociologia spicciola, equidistante dall’Italia internazionale che sforna le scarpette a pallini della Tod’s e dalla Macerata simbolo della stra-provincia (“C'è un sacco di gente vive e lavora pure a Macerata”, diceva Flaiano, pescarese che aveva trascorso qualche anno della sua vita nelle Marche ed ebbe anche lui un pezzettino di Oscar). Stra-provincia di soggettoni che sparacchiano sui “negher”, come successe proprio un anno fa, e forse non saranno contenti di questo premio. A Porto Sant’Elpidio invece sì: figlia unica e orfana di genitori, dicono che Pichelli “non poteva che diventare una creativa”, discendendo da una famiglia che annovera poeti e attori dialettali (da parte di mamma). Il padre, invece, originario di Amatrice, era stato direttore delle farmacie comunali.

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