La cerimonia degli Oscar è stata così noiosa che c'è voluta la politica

Lo zuccheroso "Green Book" di Peter Farrelly vince come miglior film. Nell'America degli anni 60, un pianista di colore si fa portare in giro da un'autista italo americano razzista. Ma alla fine impareranno a capirsi 

Mariarosa Mancuso

C'è voluta la politica per ravvivare una cerimonia di premiazione degli Oscar davvero noiosa. Ci ha pensato Spike Lee, ritirando il primo Oscar della sua carriera, vinto per la miglior sceneggiatura non originale con "BlacKkKlansman": "Le elezioni presidenziali del 2020 sono dietro l'angolo – ha detto – Mobilitiamoci. Mettiamoci dal lato giusto della storia". Doveva ancora arrivare la doccia fredda: l'Oscar per il miglior film a "Green Book" di Peter Farrelly, zuccheroso e disconosciuto dalla famiglia di Don Shirley, il pianista nero di cui il film racconta la storia.  

        

All'annuncio del vincitore Spike Lee ha protestato e ha tentato di lasciare la sala. Nel 1989 un film dalla storia molto simile a "Green Book", altrettanto zuccheroso e didattico – "A spasso con Daisy" – gli aveva portato via l'Oscar per "Fa' la cosa giusta".

Alfonso Cuarón con "Roma" ha vinto l'Oscar come miglior regista, ma per il miglior film sono saliti sul palco i produttori, in questo caso Netflix. L'americano di origini egiziane, Rami Malek, è stato premiato come miglior attore per la sua interpretazione in Bohemian Rhapsody, ma è il premio va preso come commosso omaggio a Freddy Mercury.

Olivia Colman ha vinto il premio come miglior attrice protagonista per La Preferita, sconfiggendo Glenn Close. "Spiderman - un nuovo universo" ha vinto nella categoria film d'animazione battendo i soliti noti. Ed è un film simpatico: Spiderman è un ragazzino e non ha la pelle bianca. 

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