(foto da Wikipedia)

Sul vescovo rimosso si gioca la prossima lacerante battaglia nella Chiesa

Già annunciata una marcia a sostegno di mons. Strickland, che ha rifiutato di dimettersi e per questo è stato "sollevato" dall'incarico

Matteo Matzuzzi

Papa Francesco è sempre più stretto fra la polarizzazione estrema negli Stati Uniti e le istanze "autonomiste" della Chiesa tedesca. L'unica possibilità per uscirne senza fratture insanabili è veicolare tutto nel Sinodo sulla sinodalità. Impresa ardua, ma non ancora disperata

Roma. Sabato a mezzogiorno la Sala stampa vaticana ha comunicato che il Papa ha sollevato dal governo pastorale della diocesi americana di Tyler mons. Joseph Strickland, lasciando la sede vacante. La rimozione di un vescovo diocesano è pratica rarissima e motivata da gravi problemi ravvisati dalle autorità preposte. Il Pontefice può, a norma del Codice di diritto canonico, sollevare un pastore dal suo incarico, ma solitamente si preferisce suggerire – imporre – le dimissioni. Cosa che è stata fatta anche con Strickland, che però il 9 novembre scorso ha opposto un rifiuto. Da qui la decisione di rimuoverlo. Il presule è uno dei più conservatori dell’episcopato americano e da tempo critica il governo di Francesco sui social network, arrivando anche a dire che il Papa avrebbe minato il deposito della fede. Non proprio dettagli, insomma.

 

La diocesi è divisa tra un cospicuo gruppo tradizionalista e chi vi si oppone. Vi sarebbero anche problemi di malgoverno finanziario. L’uso del condizionale è d’obbligo perché le ragioni del “sollevamento” non sono state rese note, lasciando campo aperto a supposizioni, interpretazioni e chiacchiericcio. Nei mesi scorsi la Santa Sede aveva disposto una visita apostolica, incaricando due vescovi (mons. Dennis Sullivan e mons. Gerald Kicanas) di indagare e presentare una relazione sullo stato della diocesi. Il risultato è quello che lo stesso Strickland si attendeva – soprattutto da quando venne a sapere che uno dei “visitatori” era Kicanas, presule dall’orientamento diametralmente opposto al suo e per anni considerato uno dei pastori più liberal degli Stati Uniti –: cambiare la guida pastorale della diocesi, suggerendo al vescovo le dimissioni. Al di là delle ragioni, la scelta di Francesco è destinata ad avere ripercussioni pesanti, e non solo in America. E’ già in atto la consueta battaglia tra chi stappa bottiglie di champagne plaudendo alla “liberazione” e chi ha avviato il processo di beatificazione del vescovo che “proclamava la Verità”.

 

La rimozione di un vescovo, e per di più di un vescovo ben noto divenuto punto di riferimento del conservatorismo non solo statunitense – è già stata annunciata una “marcia” di sostegno al presule giubilato –, acuirà la polarizzazione esistente: su diversi siti internet della galassia tradizionalista compaiono liste di vescovi (tedeschi) che hanno pubblicamente annunciato di procedere alla benedizione delle coppie omosessuali nonostante il responsum negativo dato dal Papa nel 2021. La domanda è: perché Strickland sì e loro no? La riduzione, insomma, di fede e politica ecclesiastica a una sorta di partita di calcio, con opposte tifoserie che sono pronte a tutte per evitare la vittoria della squadra avversaria e – se necessario – ad andare oltre i limiti della “sportività” nel fronteggiare gli avversari.

 

Il primo teatro in cui si vedranno le conseguenze della rimozione di mons. Strickland saranno gli Stati Uniti, dove la rivoluzione di Francesco non ha attecchito: nonostante il ricambio di vescovi praticato per un decennio, i moniti e la scelta di creare cardinali solo e soltanto presuli affini all’agenda di Jorge Mario Bergoglio, la posizione della Conferenza episcopale statunitense è cambiata di poco. A ogni elezione interna, prevalgono – e di molto – i conservatori, con pochissime eccezioni. Il fronte tradizionalista è forte, ha seguito e incide nelle dinamiche intra ecclesali locali. Una fotografia della situazione l’ha data, pochi giorni fa, il nunzio apostolico negli Stati Uniti, il neocardinale Christophe Pierre. Intervistato da America magazine, Pierre ha detto che “ci sono alcuni sacerdoti, religiosi e vescovi che sono terribilmente contro Francesco, come se fosse il capro espiatorio di tutti i fallimenti della Chiesa o della società. Siamo in un cambio d’epoca, la gente non lo capisce. E questo potrebbe essere il motivo per cui la maggior parte dei giovani sacerdoti oggi sognano di indossare l’abito talare e celebrare la messa nel modo tradizionale pre Vaticano II. In un certo senso, sono persi in una società che non ha sicurezza e tutti noi, quando ci sentiamo persi, cerchiamo un po’ di sicurezza”.Un recente studio presentato alla Catholic University di Washington ha rilevato che quando ai sacerdoti è stato chiesto di descrivere la propria visione teologica in una scala che va da “molto conservatore” a “molto progressista”, nessuno di coloro che sono stati ordinati dopo il 2020 si è dichiarato “molto progressista”. In particolare, il gruppo che va da “un po’ progressista” a “molto progressista” è passato dal 70 per cento del quadriennio 1965-1969 al 5 per cento del 2020-2023.

 

Per molti di questi giovani preti, dunque, mons. Strickland potrà diventare una sorta di martire, complicando il già complesso rapporto di Francesco con la Chiesa americana. Sono due i poli della tensione che vede Roma in mezzo tra gli Stati Uniti e l’area che fa capo alla Germania, con le risultanze del suo Cammino sinodale che ora pretendono attuazione. La strategia di Francesco è di veicolare all’interno del più vasto e universale Sinodo sulla sinodalità tutte le istanze provenienti dalle Chiese locali, in modo da trovare lì una sintesi, attraverso il dialogo, il discernimento e l’ascolto reciproco. La prima fase si è chiusa con un documento cautamente riformista che però – proprio in questa cautela – rivela tutte le difficoltà ad andare verso decisioni che siano da tutti “pacificamente” accettate. Il rischio di fratture insanabili c’è. Al momento, tra rimozioni di vescovi scomodi, ultimatum tedeschi e documenti pdf pubblicati sul sito del Dicastero per la dottrina della fede, si nota solo una navigazione sempre più agitata.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.