Il cardinale Hollerich: "Le donne prete? Forse sì"

Il porporato riformista, ascoltato da Francesco, non chiude la porta alla proposta dei novatori. Ma a precise condizioni

Matteo Matzuzzi

Durissimo, l'arcivescovo lussemburghese, sul Cammino sinodale tedesco: "Poco spazio allo Spirito Santo, non si è voluto trovare un compromesso"

Roma. L’ordinazione delle donne probabilmente non rientra nei temi sottoposti all’infallibilità papale e non è escluso che un domani la questione possa essere riaperta. Dopotutto, “la gente continua a discuterne”. A parlare così è stato il cardinale lussemburghese Jean-Claude Hollerich, relatore generale del prossimo Sinodo universale sulla sinodalità e neomembro del C9, il Consiglio della corona che assiste il Papa nel governo della Chiesa universale. Hollerich, colto gesuita riformatore, non parla mai a caso né lancia slogan per saziare le voracità mediatiche. Così, intervistato dal periodico croato Glas Koncila, spiega che il primo obiettivo deve essere quello di assegnare più responsabilità alle donne nei compiti pastorali e “una volta che abbiamo raggiunto ciò saremo in grado di vedere se il desiderio dell’ordinazione femminile sarà ancora sul tavolo”. Insomma, un passo alla volta e tanto discernimento, ma dalle parole del cardinale Hollerich pare evidente che la chiusura definitiva di Giovanni Paolo II impressa a chiosa dell’Ordinatio sacerdotalis non sia poi così definitiva. Il problema è che a essere contrario è anche Papa Francesco, “e io gli obbedisco”, chiarisce subito il porporato lussemburghese, anche perché una riforma di tale portata non potrà mai essere fatta “se si mettesse in pericolo il legame fraterno con l’ortodossia e portasse alla polarizzazione nella nostra Chiesa”. Polarizzazione che è già evidente e che dunque sembra rendere irrealizzabile nel medio periodo la tanto agognata svolta. Però, intanto, si fa sapere che se ne potrà riparlare. Hollerich, dopo aver ribadito che è necessario cambiare la pastorale relativa agli omosessuali – “devono sentirsi a casa con noi, altrimenti se ne andranno” – ed espresso dubbi sulla validità di un insegnamento cattolico che si limiti a definire “disordinati” gli atti fra persone dello stesso sesso – ha anche parlato del Cammino sinodale tedesco, recentemente conclusosi.

 

E il suo giudizio non è positivo, visto che si è lasciato “poco spazio allo Spirito santo”, con i laici che hanno avuto fin troppo spazio nel percorso che ha condotto ai documenti finali. “Non c’è stata la volontà di trovare un compromesso, ma in un sinodo non deve mai esserci una maggioranza trionfante e una minoranza ferita”, ha detto. Il che fa anche capire quale sarà la strada maestra del prossimo appuntamento sinodale romano: per evitare il muro contro muro, con drammatiche conte all’ultimo voto – la Chiesa sta ancora patendo quelle del doppio Sinodo sulla famiglia del 2014 e 2015 – si cercherà la convergenza al centro in grado di tenere uniti tutti e di non umiliare nessuno. Impresa che, a oggi, sarebbe quasi un miracolo. Perché far convergere su un documento unico le richieste delle chiese mitteleuropee con quelle delle realtà africane sembra ai limiti dell’impossibile. A meno che, come la bimillenaria storia della Chiesa insegna, una volta posti sotto l’autorità del Papa, vescovi e alti rappresentanti del Popolo di Dio, depongano le armi e ritirino gli ultimatum.