La strigliata del Papa ai vescovi francesi bastona lo sciocco rapporto Sauvé
Francesco si è reso conto del danno fatto alla Chiesa universale con il metodo della falsa accusa. La protesta contro il metodo socio-giacobino
Sulla scorta del Genesi, già in Dante (Inf. XXX) si registra la falsa accusa di tanto #MeToo: “L’una è la falsa che accusò Giuseppe” (verso 97, riferito alla donna di Putifarre). Ora Papa Francesco si è reso conto del danno fatto alla Chiesa universale con il metodo della falsa accusa; alla Chiesa e al suo popolo e ai suoi preti ordinati, responsabile del misfatto la insipida gerarchia della Chiesa cattolica di Francia, che evidentemente paga lo scotto, legge del contrappasso, dell’alto magistero e della testimonianza di umanità e cultura del compianto Jean-Marie Lustiger, l’arcivescovo di Parigi nei tempi marcianti dei papati giovanpaolino e benedettino.
Non c’entra il caso delle coccole di monsignor Aupetit. La Conferenza episcopale di Francia, con la poca eccezione di un terzo dei confratelli in opposizione alla giunta governante di Eric des Moulins-Beaufort, ha dato tre milioni e mezzo di euro a una scelta compagnia di sociologi e statistici, con qualche teologo di servizio al seguito, e l’ha incaricata, sotto la guida di una degna personalità massonica del laicato nazionale, di dirle la verità sulla pedocriminalità negli ultimi settant’anni di vita della cattolicità e del clero francese. Risultato: 330 mila vittime. Una spacconata mediatica che non racconta storie né vere né verosimili di vittime, il cui numero è platealmente di molto inferiore secondo ogni stima possibile, ma solo ipotesi statistiche ottenute dai centri di elaborazione dei dati ed elaborate dalla Ciase, la Commissione verità sull’efebofilia andante, in modo tutt’altro che incontrovertibile. Queste cose, oltre che Dante in anticipazione poetica, oltre che il Genesi in ispirazione, le abbiamo modestamente scritte qui prima che succedesse il bel casino presente.
Il Papa ora riceve per una strigliata i vescovi della figlia maggiore della Chiesa di Roma, ma ha rifiutato di ricevere il presidente della Commissione con i suoi membri decostruzionisti, dopo avere con imprudenza avallato le sciocchezze statistiche insinuate a viva forza nell’opinione generale con titoli e testi di tutto il mondo che fanno vergogna al sistema della informazione e comunicazione (ma chi ha il Papa nel suo staff per giudicare tanto malamente?). Infatti sedici membri dell’Accademia cattolica di Francia si sono dimessi per protesta contro il metodo socio-giacobino, scientificamente grottesco, con cui si è arrivati alla famosa cifra criminale su menzionata. Tra loro il pensatore cattolico rispettato, il laico e nostro amico Pierre Manent, uno che non ha alcuna tendenza negazionista, e sarebbe ridicolo, verso i peccati del clero e i silenzi della gerarchia più intenta alla cura delle anime che alla tolleranza zero in nome delle vittime. C’è voluto un po’ di tempo, molta sofferenza della verità poliedrica tanto cara a Francesco, c’è voluto l’atto di coraggio di uomini liberi, ma alla fine anche nella cara Francia cattolica sono arrivati a conclusioni che fu facile tirare qui subito dopo il varo del rapporto della Commissione, bastava leggerlo.
Per la falsa accusa, vabbè, chissà quando si risolleveranno dal peccato dei peccati che è la stupidità, chissà quando verrà restituito al 97 per cento del clero francese l’onore morale. Ma la vera accusa è quella che ora il Papa, dall’aereo che lo riportava da Lesbo, ha cominciato a elevare verso una congrega arcivescovile che meriterebbe visitatori apostolici e un rinnovo radicale per effetto delle sue scelte demenziali e inferiorizzanti: l’accusa di anacronismo.
Nel suo splendido saggio introduttivo al nuovo libro scespiriano, la critica insigne Margreta de Grazia difende con duttile intelligenza la storia e la sostanza del suo sapere, la critica scespiriana, dall’assalto dei decostruzionisti di scuola francese. Questi esaltano l’anacronismo come un lapsus rivelatore, vietano di periodizzare la storia, che dovrebbe essere un continuum opaco alle dipendenze di manipolazioni nuove, oltre la tradizione, e tra le altre cose sputtanano la cronologia, invenzione del pensiero storico forte che aborriscono. Per argomentare, De Grazia ricorre a Lucien Febvre, forse il più radicale e tra i più notevoli storici del nostro Novecento. Per Febvre “lo studio di ogni determinato passato dovrebbe restringersi ai termini che quello stesso periodo avrebbe usato e inteso, specialmente riguardo processi mentali. Senza questa remora gli storici rischiano di proiettare le loro categorie concettuali nel passato, commettendo così un ‘anacronismo psicologico… il più insidioso e dannoso fra tutti’”. Dalla pedocriminalità alla statua di Thomas Jefferson, ecco fatto. Ecco, travolti da cattive letture di testi ambigui, i vescovi francesi hanno affidato a un circolo di cancel culture fitto di giuristi, sociologi, statistici, psicologi, ricercatori di ogni conio, praticone o vittima della teoria dell’anacronismo fa lo stesso, la storia della loro Chiesa. Con un risultato probabilistico, ma nemmeno, neanche possibilistico, che riflette in sé l’errore dell’anacronismo, trattare la storia degli ultimi settant’anni con gli occhiali di quella dei prossimi, a partire dalle acquisizioni più maldestre del presente. Qualche gesuita avvertito deve aver fatto capire al Papa gesuita, ma argentino, che quando aveva coperto commissione e gerarchia di Francia in quest’opera malata di distruzione autolesionista della Chiesa aveva fatto la cosa sbagliata nel momento sbagliato. Alleluja!