Luigi Di Maio all'evento di Nettuno (foto LaPresse)

Lei, lui, l'altro

Marianna Rizzini

Tre performance a confronto, la cena “pariolina” e i russi in agguato

E’ il giorno del Giudizio per la Roma a Cinque Stelle e lei, il sindaco Virginia Raggi, di bianco vestita, si affaccia dal blog Unico delle Coscienze grilline per dire, accorata come neanche Laura Boldrini all’inaugurazione di qualche ufficio studi o anno accademico, “facciamo chiarezza… vediamo le carte… ho le spalle larghe”. Non piange, non ride, sgrana sempre più gli occhi allarmati – e non si sa come abbia fatto, nell’agosto terribile della sua nascente sindacatura, ad affinare così tanto la tecnica del “guardo dritto in telecamera, sollevo il mento, riabbasso la testa e scuoto la capigliatura”, tipica delle migliori telenovele ma anche dei più sentiti discorsi dal confessionale del Grande Fratello. Ma la situazione – grave ma non seria? seria ma non grave? surreale e basta? – impone un sovrappiù di vis drammatica nel video lanciato sul web.

 

Solo che poi, a tarda sera, compare Lui. Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera ed ex Intoccabile del Direttorio, arrivato in quel di Nettuno – tappa finale del tour motociclistico del “gemello-diverso” Alessandro Di Battista – con lo scomodo compito di fare da parafulmine (deve scusarsi davanti all’intera Rete per aver “sottovalutato” le informazioni sull’assessore Paola Muraro indagata). E quasi non trova le parole, Di Maio, mentre si aggrappa al concetto “questa è un’occasione per poterci parlare”, ma è chiaro che il verdetto (del web? dei vertici? dell’attivista ignoto?) è già stato di fatto emesso: forse non sarai più candidato premier, è il sottotitolo della serata in cui il forse-non-più-candidato-premier, non con sguardo da telenovela come il sindaco di Roma ma con dondolìo da attor giovane delle vecchie situation comedy, si inerpica su su su per i pendii del mea culpa – fino a giungere al culmine del pathos: ha letto male una e-mail.

 

Solo che nella notte shakesperiana di Nettuno, con i padri (Beppe Grillo) che tornano in scena e i figli prediletti che si scambiano i ruoli (arretra Di Maio, avanza Di Battista), proprio la comparsa sul palco di Di Battista fa sorgere il dubbio che il Movimento Cinque Stelle sia in mano a maghi del casting e/o dell’Actor’s studio. Perché il “Dibba” in felpa verde che si abbassa e si rialza leggermente sulle ginocchia, e si sbraccia per arringare le folle (non prima di essersi autodefinito “euforico”) è già personaggio da biopic. E’ un comizio, il suo, ma anche un riassunto regione per regione del suo tour in moto – incredibile a udirsi, a tratti, anche più di quando Grillo parla di “superfetazione della merda cosmica”: il Dibba scatenato evoca tristi destini per pensionati e cittadini rovinati dall’olio tunisino. E poi è andato pure in Molise, dice, e in un climax ringrazia i magistrati e i carabinieri, perché “loro” hanno fatto “pulizia nel Pd” (non il Pd). Poi è andato pure in Calabria, ma ormai s’è fatta una certa.

 

E insomma dopo il comizio, e dopo le scuse, e dopo i pianti e i rimbrotti e i patti (rigorosamente non in streaming), c’è pur bisogno di uscire dalla surrealtà per mettere qualcosa sotto ai denti. Così, quatti quatti, Grillo, Di Maio e Roberto Fico tornano a Roma (senza Dibba?), per approdare nel quartiere Parioli (ristorante “La Pariolina”), dove un fotografo dell’Ansa, Paolo Gargini, li immortala prima che i commensali chiedano ai ristoratori una qualche copertura per i vetri (tovaglie, così pare). E tra birra e affettati s’inizia la cena, in un luogo che in altri tempi i Cinque Stelle avrebbero definito “per la casta” (d’altronde c’è il precedente di quando entrarono in Parlamento e trovarono l’ex deputato di M5s Adriano Zaccagnini al ristorante della Camera, e subito il web censore si sollevò). La giornata finiva, ma la surrealtà risorgeva con l’alba, quando si apprendeva del desiderio di Grillo di rilasciare un’intervista ai cronisti di una televisione russa.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.