Raffaele Cantone (foto LaPresse)

La mafia non è più quella che abbiamo conosciuto

Massimo Bordin

Prima con la politica andava a braccetto. Quel rapporto paritario è saltato da anni, da quando cominciò a uccidere politici e magistrati

Fra i commenti alla sentenza di appello su Mafia capitale, quello del dottore Raffaele Cantone, intervistato due giorni fa da La Stampa offre lo spunto per evidenziare una contraddizione che si ritrova, nello stesso numero del quotidiano torinese, enunciata nell’altro suo polo dall’articolo di fondo firmato da Francesco La Licata. Da un lato La Licata si esibisce nel collaudato numero di chi liquida gli scettici spiegando che la mafia non usa più coppole e lupare ma sempre mafia è e chi non la vuole vedere è un negazionista – Travaglio ha fatto scuola – per di più peloso. Ridicolo. Pippo Calò quando fu arrestato a Roma indossava un elegante cappello floscio, altro che coppola. La mafia a Roma c’era, c’è e veste all’inglese. Ma non è più la stessa. Le argomentazioni usate da Raffaele Cantone sono molto più raffinate. Per sostenere la sentenza, Cantone deve fare una significativa concessione su un tema vitale per gli antimafiosi da tastiera. Dice Cantone: “ In passato la politica si muoveva alla pari rispetto alla mafia, oggi svolge un ruolo ancillare”. Sembra l’apoteosi di una chiave di lettura cara agli Ingroia e agli Scarpinato, ma nasconde una constatazione esiziale per quel tipo di interpretazione. In sostanza, sostenendo che è cambiato il rapporto fra mafia e politica Cantone riconosce che la mafia non è più quella che abbiamo conosciuto. Non perché non usa più la lupara. Quella mafia con la politica andava a braccetto, la serviva e ne era servita. Era il rapporto paritario evocato da Cantone. Quel rapporto è saltato da anni, da quando la mafia cominciò a uccidere politici e magistrati. L’unico che allora si accorse che quella non era più “mafia” fu Leonardo Sciascia.

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