Via D'Amelio subito dopo l'attentato del 19 luglio 1992 (Wikipedia)

Paolo Borsellino e il "tragico romanzo italiano"

Massimo Bordin

Similitudini e differenze tra l'attentato di Dallas e la strage di via D’Amelio

Meno di un anno fa, il 26 ottobre 2017, il presidente Trump annunciava che erano stati inseriti nell’archivio nazionale, e dunque resi pubblici, poco meno di tremila documenti segreti relativi all’omicidio del presidente Kennedy. E’ questo, finora, l’ultimo atto di desecretazione di carte relative all’attentato di Dallas, avvenuto nel 1963. La comunicazione di Trump faceva seguito a un provvedimento preso nel 1992 dal presidente George Bush sr., il cosiddetto Kennedy Assassination Record Collection Act, che autorizzava la pubblicazione degli atti segreti sull’attentato, tranne alcuni la cui pubblicazione veniva posticipata di altri 30 anni, ridotti a 25 da Trump l’anno scorso, ad eccezione di un blocco di altri tremila file per i quali si aspetterà la scadenza prefissata.

 

Tutto questo per dire che non è poi così singolare che ancora oggi, a 26 anni dalla strage di via D’Amelio, il tema delle carte scomparse, degli archivi da aprire, delle ricostruzioni contraddittorie, sia ancora di attualità. Negli Stati Uniti dopo più di mezzo secolo la vicenda di Dallas è ancora oggetto di iniziative presidenziali. C’è però una differenza. L’ultima commissione parlamentare, la quarta, dedicata all’omicidio Kennedy risale al 1978, a quindici anni, che pure non sono pochi, dai fatti. A quell’epoca le iniziative giudiziarie erano già cessate da tempo e l’argomento non era più oggetto di controversie politiche ma di analisi storiche sulle conseguenze della vicenda. A noi invece per via D’Amelio, come per via Fani o per piazza Fontana, tocca il “tragico romanzo italiano” secondo la definizione, usata nel suo discorso di ieri, da Pietro Grasso.

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