La maschera di Luigi di Maio al carnevale di Viareggio (foto LaPresse)

A Palazzo Chigi come al giro d'Italia

Massimo Bordin

Due bizzarrie (con retroscena) sul prossimo governo

Partiamo da alcuni dati certi. Nelle elezioni nessun partito o coalizione ha superato il 50 per cento dei voti. La Costituzione prevede che il governo, non il premier che non è previsto, sia votato dalla maggioranza. Che in questo caso non c’è. Finiti i dati certi, iniziano le bizzarrie. La prima è che dalla sera del voto nessuno abbia trovato singolare che i leader di due partiti diversi si siano entrambi proclamati vincitori e autonominati premier. Ci sono precedenti nel dopoguerra ma non in Europa. I precedenti dicono che la faccenda può protrarsi al massimo per un paio di settimane, dopo la parola passa alle armi. Qui è rimasta ai retroscenisti.

 

Nel frattempo una parte non insignificante degli opinionisti politici, dal politologo all’ex segretario di sezione, ha sostenuto che un partito che, dopo aver perso le elezioni, dichiara che andrà all’opposizione compie un atto eversivo. Gli stessi nulla hanno trovato da replicare a uno dei due autonominati che ha sostenuto come, avendo preso il 33 per cento dei voti, comunque avrebbe fatto il premier o sarebbe stata la fine della democrazia. Il risultato è stato che il giovanotto è rimasto fermo sui suoi propositi e da un paio di giorni fa discorsi sempre più strani. Ieri per esempio ha detto di non essere disponibile “a immaginare una squadra di governo diversa da quella espressa dalla volontà popolare”. Dunque continua a pensare che basti un terzo dei voti per prendere tutto il governo. In altre parole che basti arrivare primi (e nel suo caso non è nemmeno del tutto vero) come al giro d’Italia. La prossima tappa sarà l’inevitabile scontro frontale con il Quirinale.

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