Antonio Ingroia (foto LaPresse)

Si indaga di nuovo sul dottore Ingroia

Massimo Bordin

Secondo i suoi criteri, il magistrato dovrebbe auto assegnarsi la qualifica di impresentabile alle prossime politiche. Sarebbe spiacevole

Oggi tocca ricordare la sfaccettatura manageriale del dottore Antonio Ingroia, personaggio ricorrente di questa rubrica. Nella sua multiforme attività c’è anche quella di amministratore di una società informatica, ormai totalmente posseduta dalla regione Sicilia. Quattro anni fa, chiamatovi dal governatore Crocetta, Ingroia assunse l’incarico di commissario liquidatore di “Sicilia e-servizi”. La liquidazione non ci fu, malgrado il ritiro del socio privato. Con uno di quei miracoli che avvengono solo a palazzo dei Normanni, bastò cambiare nome alla ex partecipata che, ribattezzata Sicilia digitale spa, prosegue il suo cammino guidata dal dottore Ingroia. Un cammino accidentato con continui ostacoli che si sono manifestati, nella prima fase, con fastidiose inchieste della Corte dei conti e perfino della procura. Tutto era parso superato, ora però c’è un ritorno di fiamma e due pubblici ministeri hanno incaricato la Guardia di finanza di indagare su Ingroia a proposito di compensi che l’ex pm si sarebbe auto assegnato come premi di rendimento. Si indaga di nuovo anche sui rimborsi per le spese di trasferta. In parole povere il dottore Ingroia si ritrova sul registro degli indagati con l’accusa di peculato. Correttamente ne hanno dato notizia la Repubblica, nell’edizione di Palermo, e il Fatto, nell’edizione online. Non è questo il problema. E’ spiacevole piuttosto che Ingroia, candidato con una nuova lista alle elezioni politiche, debba, secondo i suoi criteri, auto assegnarsi in questo caso non un premio di oltre centomila euro ma la qualifica di impresentabile. Ma siamo certi che non lo farà e in fondo è meglio così.

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