Parlamento Europeo, Ottaviano Del Turco (foto LaPresse)

Ultima considerazione sulla sentenza Del Turco

Massimo Bordin

Ormai nella informazione giudiziaria vige un criterio sintetizzabile nella formula della “irrilevanza del dibattimento”

C’è ancora forse una considerazione da fare sull’ultima sentenza del processo a Ottaviano Del Turco. Bisogna ricordare che in conclusione l’ex governatore abruzzese non esce completamente assolto. Della caterva di capi di imputazione che lo avevano portato dal governo della regione al carcere e poi al rinvio a giudizio, è rimasto in piedi qualcosa che si sostanzia in una pena che non comporta detenzione. Del Turco ha già detto che richiederà la revisione anche di questo detrito rimasto dopo il crollo della famosa “montagna di prove”, ma non è tanto questo il punto. A chi già lamenta la lesa verità per qualche titolo che recitava, non qui, “Del Turco assolto”, occorre ricordare come ormai nella informazione giudiziaria viga un criterio sintetizzabile nella formula della “irrilevanza del dibattimento”. Criterio che va ben al di là di qualche titolo tecnicamente impreciso. Qui ieri si è scritto che il processo ha mostrato come Del Turco non sia un corrotto proprio perché si sono seguiti, udienza per udienza, i suoi processi, si è registrato il franare della famosa montagna e le condanne che altrove collezionava il suo unico accusatore, la cui testimonianza nel processo è stata altamente significativa. Malgrado il dibattimento sia, secondo il codice, il luogo in cui si forma la prova, esso è sostanzialmente disertato dai media che si fermano alle tesi dell’accusa e arrivano al massimo al rinvio a giudizio. La sentenza diviene così un atto burocratico. Per sostenere che Del Turco è colpevole occorre aver nascosto ai lettori la frana della montagna.

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