Il pm Antonino Di Matteo (foto LaPresse)

La storia infinita tra il dottore Antonino Di Matteo e la procura nazionale antimafia

Massimo Bordin

Sembrava tutto finalmente risolto. Al terzo tentativo Di Matteo era finalmente riuscito a superare la selezione del Csm per l’ambito incarico. E invece

La vicenda del passaggio alla procura nazionale antimafia del dottore Antonino Di Matteo si complica sempre di più, come qui si era ampiamente previsto. Sembrava tutto finalmente risolto. Al terzo tentativo Di Matteo era finalmente riuscito a superare la selezione del Csm per l’ambito incarico. Il Consiglio superiore della magistratura era anche disposto, visto il rischio di un attentato, a una deroga trasferendolo a Roma fuori graduatoria ma il pm aveva rifiutato ritenendola una umiliazione. Avvenuta la promozione per via ordinaria si è riproposto il problema della sua presenza al processo “trattativa”. Per la verità il processo è seguito da un procuratore aggiunto e altri due sostituti oltre a Di Matteo, che però non vuole apparire uno che lascia le cose a metà. Anche questa sarebbe una umiliazione. Dunque la richiesta era di andare a Roma ma essere applicato al processo palermitano fino al suo termine. La soluzione trovata dal ministero di Giustizia sta in due parole, “posticipato possesso” in adesione a una richiesta del procuratore capo di Palermo. Vuol dire che Di Matteo resta a Palermo e andrà a Roma fra 6 mesi, così potrà finire il processo. Il pm, che non è in ottimi rapporti col procuratore capo, l’ha presa malissimo. I suoi supporter del Fatto e di Antimafiaduemila sostengono che così si mette a rischio la sua vita che illogicamente si ritiene più al sicuro con un viaggio settimanale da Roma a Palermo. Intanto aspettiamoci polemiche molto palermitane fra il dottore Di Matteo e il procuratore Lo Voi, che caratterizzeranno la prossima fase del processo infinito.

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