Gli aggettivi con le maiuscole secondo i magistrati

Massimo Bordin
La parola chiave è un aggettivo: “Vero”. Più impegnativo e meno preoccupante della “Verità” con la maiuscola, usata dalla procura di Trani quando manda lettere a questo giornale. L’aggettivo si usa per definire qualcosa come corrispondente alla realtà, qualcosa di effettivamente avvenuto e di verificabile.

La parola chiave è un aggettivo: “Vero”. Più impegnativo e meno preoccupante della “Verità” con la maiuscola, usata dalla procura di Trani quando manda lettere a questo giornale. L’aggettivo si usa per definire qualcosa come corrispondente alla realtà, qualcosa di effettivamente avvenuto e di verificabile. “Gravi, scomposte e sorprendenti” sono state definite da una nota del Csm le parole pronunciate, e poi smentite, dal presidente dell’Anm Davigo sul metodo correntizio per le nomine dei magistrati. Il profluvio di aggettivi copre l’economia di quello decisivo: “False”. Sul merito delle dichiarazioni l’aggettivo è rimasto nella penna dei consiglieri. Il criterio di verità viene però recuperato a proposito della effettiva pronuncia di quelle parole. La nota  è successiva a una smentita di Davigo, di cui sembra tenere conto molto relativamente. Davigo quelle parole le ha veramente dette? A questo punto l’aggettivo slitta, cambia di bersaglio e si può usare. Una agenzia riassume: “Csm: se vere, parole gravi e sorprendenti”. Dopo meno di mezz’ora Davigo replica per la stessa via: “Non vere le dichiarazioni attribuitemi”. Nel senso che sostiene di non averle dette. La verità, minuscola, è che sono vere le dichiarazioni, sentite da un paio di centinaia di magistrati che le confermano e vero il loro merito. Come si deduce dalla singolare volgarità dell’aggettivo “sorprendente” che il Csm spiega nella sua nota, dove in soldoni dice: ma come? Ti abbiamo appena promosso e tu ci ripaghi così? La ribadita smentita dell’incorruttibile Davigo suona come una presa d’atto del punto da non oltrepassare.

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