Il processo al mafioso Tagliavia e la tesi della trattativa

Massimo Bordin
I fatti, soltanto i fatti. Il processo al mafioso Francesco Tagliavia inizia a Firenze nel 2010 per la strage di via dei Georgofili, avvenuta nel maggio 1993. Il suo nome era stato fatto dal pentito Spatuzza dopo che il processo su quella strage si era concluso.

I fatti, soltanto i fatti. Il processo al mafioso Francesco Tagliavia inizia a Firenze nel 2010 per la strage di via dei Georgofili, avvenuta nel maggio 1993. Il suo nome era stato fatto dal pentito Spatuzza dopo che il processo su quella strage si era concluso. Unico imputato, Tagliavia vede caricarsi il suo processo della questione della Trattativa stato-mafia, aperta in quei mesi dalla commissione parlamentare antimafia. L’ipotesi, irrilevante per il tema processo, che verte sulla partecipazione di Tagliavia alla strage, viene comunque trattata nella requisitoria. La procura ritiene che non ci sia nessuna prova che la famosa trattativa ci sia stata davvero.

 

Ciò non toglie che l’imputato meriti la richiesta dell’ergastolo, comminato dalla Corte di assise che nelle motivazioni sostiene però che a suo parere la trattativa c’era stata, anche se su di essa non è chiamata a giudicare. Quella citazione parentetica fa scrivere a Travaglio che la trattativa è ormai affermata per sentenza. Quando un’altra sentenza assolverà Mori e Obinu per la mancata cattura di Provenzano, motivando come l’ipotesi della trattativa non stia in piedi, lo stesso Travaglio, con scarsa coerenza, sosterrà che i giudici non avevano il diritto di occuparsi di un processo in corso altrove. La sentenza Tagliavia viene poi bocciata in cassazione nel 2014. Si torna quest’anno in appello. Sentenza bis, le cui motivazioni sono state recentemente depositate. Di nuovo, con una formulazione per la verità un po’ ambigua, il giudice estensore riconferma, en passant, la tesi della trattativa, esclusa nel frattempo da quattro sentenze. Non finirà mai.

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