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La riflessione

Come mitigare la fragilità dei diritti con una “sostanza morale” condivisa

Sergio Belardinelli

Il paradosso attuale di Boeckenfoerde sullo stato liberale e la necessità di rinnovarne i presupposti culturali. Nell’èra del relativismo e della cancel culture bisogna saper investire su scuola e famiglia per ritrovare un legame con la comunità

In un passo famoso, scritto quasi cinquant’anni fa, Wolfgang Boeckenfoerde sintetizzava così il principale problema politico del nostro occidente: “Lo stato liberale secolarizzato vive di presupposti che da solo non è in grado di garantire. Questo è il grande rischio che esso si è assunto per amore della libertà. Da una parte esso può esistere come stato liberale solo se la libertà, che esso garantisce ai suoi cittadini, si regola dall’interno, cioè a partire dalla sostanza morale del singolo e dell’omogeneità della società. D’altra parte, però, se lo stato cerca di garantire da sé queste forze interne, cioè coi mezzi della coercizione giuridica e del comando autoritativo, esso rinuncia alla propria liberalità e ricade, su un piano secolarizzato, in quella stessa istanza di totalità da cui si era tolto con le guerre civili confessionali”.

 

A guardar bene, in queste parole si avverte una preoccupazione fondamentale: che la libertà individuale, nella misura in cui perde la capacità di limitarsi “dall’interno”, ossia da sola (un elogio dei nostri doveri e della nostra responsabilità), finisca per diventare puramente rivendicativa nei riguardi dello stato, rendendolo sempre più pervasivo e indebolendone i limiti invalicabili che lo dovrebbero caratterizzare in quanto stato liberale. In effetti lo stato liberale secolarizzato non può più contare, così almeno sembra, su quell’autoregolazione della libertà da parte dei cittadini che proveniva da una sostanza morale largamente condivisa nella società. Siamo non a caso nell’èra del relativismo e della cancel culture, da cui scaturiscono prevalentemente rabbia e risentimento. Altro che sostanza morale condivisa. Per di più, non da oggi, il discorso sui diritti si è esteso a dismisura senza una corrispondente estensione della consapevolezza dei doveri. Di conseguenza lo stato si trova oggi a dover deliberare su temi sempre più scottanti e divisivi (famiglia, gender, aborto, fine vita, ambiente, guerra), potendo far conto soltanto su sé stesso (cosa che peraltro fa molto volentieri), in una società dalla quale, piuttosto che chiare indicazioni circa i suoi limiti, provengono continue esortazioni a valicarli. Ovvio che tutto ciò, proprio come paventava Boeckenfoerde, a lungo andare potrebbe eroderne la liberalità.

 

Ciò che voglio dire è che lo stato liberale secolarizzato, per poter funzionare al servizio della dignità, dell’autonomia e della libertà individuali (altrimenti che stato liberale sarebbe?), ha bisogno di un ethos meno “individualista” e meno “relativista” di quanto comunemente si creda. Un ethos che sappia tener conto anche dei legami che abbiamo con gli altri e con la tradizione in cui siamo nati e cresciuti; un ethos senza il quale nessuno di noi è in grado veramente di affermare la propria autonomia e libertà, né lo stato riuscirebbe a garantirle per davvero. Con una battuta potremmo dire che liberali, libertari, pluralisti, aperti alle differenze non si nasce, lo si diventa. Ma per diventarlo occorre essere stati educati a certi valori, i quali rappresentano, se così si può dire, il presupposto non relativista del pluralismo di una società liberale. Di qui, tra l’altro, l’insostituibile funzione di istituzioni quali la famiglia e la scuola.

 

Detto molto sinteticamente, la mia idea è che stiamo usando parassitariamente un patrimonio culturale, una “sostanza morale” (fondamentalmente cristiana e illuminista), che per nostra fortuna è ancora incrostata nelle istituzioni delle nostre liberaldemocrazie, e quindi funziona ancora, pur essendo quasi scomparsa dalla testa e dal cuore della gran maggioranza dei cittadini. E siccome questa rendita parassitaria non potrà durare all’infinito, c’è bisogno di rivitalizzarne i presupposti culturali, sapendo che il loro asse portante sta in un’idea piuttosto semplice: l’inviolabile dignità e libertà di ogni persona umana da cui scaturiscono i limiti invalicabili dello stato. Già, ma come farlo

 

Personalmente credo che un investimento sulla famiglia e sulla scuola potrebbe essere la strada migliore, ma non per finalizzare queste istituzioni a ciò che serve allo stato, una tentazione sempre presente anche nelle società liberali, bensì a ciò che semplicemente alimenta autonomia, libertà, senso del dovere e della responsabilità. Sono questi i presupposti di cui ha bisogno lo stato liberale. Il quale sarà tanto più liberale quanto più saprà promuoverli a sua volta senza ingerenze, lasciando ad esempio alle famiglie la libertà di scegliere la scuola dei loro figli e limitandosi magari a controllarne gli standard di qualità. Considerato che in Italia si incomincia a parlare di conservatorismo liberale, un ideale che certamente non dispiaceva a Wolfgang Boeckenfoerde, credo che il modo migliore di dargli concretezza e credibilità potrebbe essere proprio quello di investire su famiglia e scuola nello spirito che ho accennato sopra. Ne guadagnerebbero certamente la liberalità dello stato e soprattutto la libertà dei cittadini.