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Bandiera Bianca

Il Garrick Club e l'esclusività della scelta

Antonio Gurrado

Accogliere un nuovo target di clienti è sufficiente per parlare di inclusività? La rivoluzione del club privato di Londra da un'altra prospettiva 

Non so se si possa dire, ma anche l’esclusività è un valore. Sull’esclusività si basano gli affetti, altrimenti non avremmo né amici né amanti; sull’esclusività si basa il lavoro, altrimenti chiunque potrebbe fare qualsiasi cosa senza esserne capace; sull’esclusività si basa lo sport, altrimenti Sinner dovrebbe giocare contro sessanta milioni di persone prima di essere riconosciuto miglior tennista d’Italia.

 

Sull’esclusività si basa il sapere, altrimenti qualsiasi fregnaccia varrebbe tanto quanto un saggio scientifico peer reviewed, e sull’esclusività si basa il nutrimento, altrimenti, anziché andare al ristorante, frugheremmo nei cassonetti.

 

Devo aggiungere che, senza esclusività, non ci sarebbe distinzione fra insegnanti e studenti, guardie e ladri, bello e brutto, giusto e sbagliato, bene e male, proprio e altrui, me e te?

 

Tutto ciò per dire che la scelta del Garrick club di aprire alle donne è sacrosanta, ma si tratterà sempre di donne esclusive, selezionate da membri del club e disposte a pagare una considerevole quota, come accade per qualsiasi iscritto: qualcuno infatti sta già insorgendo, e scrive che il Garrick dovrà far cadere anche queste barriere per diventare davvero inclusivo. Ma io – che come Groucho Marx non accetterei di far parte di un club con dentro uno come me – non accetterei nemmeno di far parte di un club con dentro uno come tutti.

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