(foto Ansa)

Bandiera Bianca

L'ultimo film di Virzì ci ricorda che esistono temi molto più seri della politica

Antonio Gurrado

Didascalico e manicheo quanto volete, "Un altro ferragosto" ha una chiave dolcissima un po' sottovaluata. Attenzione, contiene spoiler

Attenzione, contiene spoiler. Didascalico e manicheo quanto volete, il nuovo film di Paolo Virzì ha una chiave dolcissima che viene affidata a Silvio Orlando, l’attore italiano che sa recitare. È il personaggio di Molino, giornalista dell’Unità, astruso e pesante trent’anni fa nell’originario “Ferie d’agosto” e ancora più astruso, ancora più pesante, in questo “Un altro ferragosto”. Ossessionato dal preservare il pollaio di Ventotene in cui Pertini, Spinelli e Colorni si rannicchiavano ad abbozzare il celebre manifesto che superava il nazionalismo, ammorba il nipotino (e il resto della famiglia in vacanza) per stendere un appello in power point da inviare a Ursula von der Leyen. Se si ha un cuore ci si commuove perché quel giornalista vecchio e malato, tramite il pollaio, si aggrappa alla vita come può; la sua mania per Ventotene è la corda su cui si arrampica fino allo scorticamento dei palmi, pur di non precipitare nell’abisso nero.

È quello che facciamo tutti, non importa se con Ventotene o con una squadra di calcio o una canzone, man mano che il tempo passa e le forze diminuiscono. Alla fine, però, sono proprio Pertini, Spinelli e Colorni a spronarlo a lasciare Ventotene e, con essa, la vita; solo dalla zavorra del nostro cuore possiamo ottenere il permesso di morire in pace. Attenzione, contiene spoiler, ed è questo: tutti parleranno del film di Virzì sul metro della destra e della sinistra, dei burini neofascisti che spopolano sui social e dei radical chic genderfluid che però fanno soldi con app di messaggistica per delinquenti, quando invece la vita e la morte sono temi molto più interessanti della politica, molto più seri.