IL FIGLIO

Tornano le ferie d'agosto di Paolo Virzì e le sue belle famiglie infelici e comiche

Giuseppe Fantasia

Vent'anni dopo, le famiglie Molino e Mazzalupi tornano a Ventotene nel sequel di "Un altro Ferragosto". La pellicola riflette sul tempo trascorso e sulle nuove dinamiche delle due famiglie, ancora intrise di fragilità e conflitti

Siete tanti a ricordare gli incontri e gli scontri dei Molino e dei Mazzalupi - le due famiglie protagoniste del film cult di Paolo Virzì, Ferie d’Agosto – sull’isola di Ventotene durante l’estate del 1996. A distanza di quasi trent’anni, il regista livornese (ce) le fa incontrare di nuovo nel sequel Un altro Ferragosto, appena uscito al cinema per 01 Distribution. Sbarcano ancora sulla più autentica delle Pontine, con tutti i loro pregi e difetti, insicurezze e paure insieme a quell’eterna sensazione di sconfitta che c’è sempre ed è a suo modo opprimente. “Siamo na’ famiglia d’infelici”, diceva Marisa (Sabrina Ferilli) nel primo film e nonostante i cambiamenti e i lutti reali (la scomparsa, troppo presto, dei due interpreti Ennio Fantastichini e Piero Natoli), la situazione ora non è poi così diversa. Lei arriva con il nuovo compagno Pierluigi (Christian de Sica) per partecipare al matrimonio di Sabry Mazzalupi (Anna Ferraioli Ravel) con il coatto e arrivista Cesare (Vinicio Marchioni), interessato solo ai facili guadagni che ha grazie a quella ragazza goffa, star del web per la vendita di prodotti di bellezza.
 

Le loro nozze sono un evento mondano con tanto d’inviata tv (Liliana Fiorelli) e con l’arrivo della politica (la senatrice Ascione, interpretata da Milena Mancini, è chiaramente Giorgia Meloni) pronta a cavalcare la notorietà della ragazza con una candidatura. La famiglia “di quel che resta della sinistra” è rappresentata sempre dal giornalista Sandro Molino (Silvio Orlando) e dalla compagna Cecilia (Laura Morante), arrivati a Ventotene grazie al figlio Altiero (Andrea Carpenzano), che con il marito fotomodello Noah (Lorenzo Saugo) ha radunato tutti i vecchi amici del padre malato, ma lui ha attenzioni solo per il nipotino Tito di dieci anni con cui scrive una lettera a Ursula von der Leyen (che lo vedrà davvero a Bruxelles il 18 marzo prossimo) per salvaguardare la memoria storica dell’isola, culla dell’antifascismo e della nuova Europa. 
 

Due tribù di villeggianti di nuovo a confronto, due famiglie che sono lo specchio di due Italie solo apparentemente inconciliabili, perché  sono in realtà molto simili nell’intolleranza, nell’egoismo e nell’ipocrisia ben nascosta sotto una coltre impolverata di sentimenti, errori e problemi. Da anni Virzì tentava di dare un seguito a quel trionfale film del ’96, “ma la svolta – ha raccontato al Foglio – è arrivata a Bologna nel 2021 in occasione della proiezione della versione restaurata realizzata dalla Cineteca di Bologna di Gian Luca Farinelli”.
 

“In Piazza Maggiore mi chiedevano in tanti un sequel e allora, quando il pubblico ti chiama in maniera così calorosa e partecipata, non resta che realizzare quel desiderio collettivo”. Ecco, quindi, questo nuovo film - da lui ben scritto con il fratello Carlo e Francesco Bruni - che fa riflettere, sorridere, commuovere ed emozionare, un vero e proprio bilancio sul tempo che passa su queste due famiglie a cui la mancanza di maturità fa emergere solo fragilità. “È una riflessione su me stesso e sul rapporto con il tempo (il film è uscito il giorno del suo sessantesimo compleanno, ndr) – ha aggiunto - sulla vecchiaia e sulla morte, in pratica sul cerchio della vita”. Quella reunion tra ragazzini cresciuti e adulti invecchiati vedrà i componenti delle due famiglie agitarsi in “un incrociarsi di amori infelici, tormenti e insoddisfazioni sentimentali”. Bravissimi, ognuno a suo modo, gli interpreti del primo che ritrovate anche qui (da Claudia della Seta e Raffaella Lebbroni, la coppia lesbo, a Rocco Papaleo e Lele Vannoli) e le new entries Gaia (Ema Stokholma) e Daniela (Emanuela Fanelli). A lei è affidata l’invettiva che dà il senso al film: “La gggente fa’ schifo, per questo ci arriva la mmmerda”.

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