(foto Getty)

Bandiera Bianca

Tutti noi abbiamo un "hobby horse", scriveva Laurence Sterne. Aveva ragione

Antonio Gurrado

Il bastone con la testa di cavallo. Ovvero, la fissazione, l'abitudine, la passione, il principio autoimposto su cui abbiamo imperniato la nostra vita

Laurence Sterne scriveva in “Tristram Shandy” che tutti noi abbiamo un hobby horse, dove il termine indica quel bastone che i bambini cavalcano perché culmina in una testa di cavallo. Uso il presente perché il gioco è tutt’altro che demodé: pensate che in Finlandia è assurto al rango di sport, con fior di ragazzine e ragazzini, vestiti da fantino, che vanno al galoppo o al trotto, oppure si profondono in sofisticati esercizi di dressage, del tutto incuranti di trovarsi in realtà a cavalcioni su uno stecco di legno. Pare che la moda si stia diffondendo in varie nazioni (non solo in Inghilterra, ma anche fra persone normali), addirittura con competizioni che mettono in palio ricchi premi per i più bravi a cavalcare un cavallo immaginario.

Tanto ci sarebbe da dire su questa tendenza ludico-allucinatoria, ma già due secoli e mezzo fa Laurence Sterne scriveva in “Tristram Shandy” che tutti noi abbiamo un hobby horse, dove il termine indica la fissazione con cui ammorbiamo il prossimo, l’abitudine cui non riusciamo a rinunciare, l’interesse curioso che gli altri non capiscono, la passione che ci divora inspiegabilmente, la dipendenza di cui non possiamo fare a meno, il principio autoimposto su cui abbiamo imperniato la vita e che cavalchiamo tutti seri come se fosse un cavallo vero. Quindi, meglio stare zitti.

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